#RomaFF17: La stranezza, la recensione del film di Roberto Andò

La stranezza

Presentato alla 17esima edizione del Festival del Cinema di Roma, La stranezza (trailer) di Roberto Andò è un teatro pirandelliano di spiriti eletti volto alla riscoperta di un dramma teatrale capolavoro. Lo stranissimo film di Andò scatena volontariamente un grosso cortocircuito intermediale e pone come centro drammaturgico della sua sceneggiatura la genesi poetica dei Sei personaggi in cerca d’autore. Parimenti all’opera di Luigi Pirandello anche il film del regista palermitano moltiplica i suoi piani d’azione, estrapolando così dalla fisicità del mezzo (ci riferiamo sia alla telecamera che al palcoscenico) l’incontaminato sostrato psicologico che ha determinato la nascita della commediuola.

Si respira moltissimo Carl Gustav Jung ne La stranezza. L’inconscio del letterato protagonista è frastagliato e riproposto con verità immaginifica tanto dal mostro sacro Toni Servillo, interprete di Pirandello, quanto dalla tribuna di attori mai secondari di cui fanno parte (tra i tanti) Salvatore Ficarra e Valentino Picone, ovvero gli interpreti dei teatranti dilettanti Sebastiano e Onofrio. Il risultato è il mirabile tentativo di inscenare la catarsi di un uomo che, più di ogni altra cosa, desidera rimettersi in gioco dopo un periodo altamente critico della sua prolifica vita.

Luigi Pirandello torna in Sicilia per seppellire colei che durante l’infanzia è stata la sua balia (Aurora Quattrocchi); durante la veglia egli incontra una compagnia dilettantesca, di cui Sebastiano e Onofrio sono prim’attore e capocomico, immersa nelle prove di una misteriosa tragicommedia. L’incontro profetico con l’indimenticabile duo fomenta la crisi dell’autore, costringendolo così ad un confronto reale con i propri desideri incandescenti e paure più recondite. Non è un caso dunque che gli sceneggiatori Roberto Andò, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso lascino parlare più dell’autore Pirandello i personaggi secondari in tribuna. Il poeta drammaturgo si aggira in punta di piedi tra i corridoi dei teatri visitati e, “rubando” con sguardo celato gli atti recitati dalla compagnia, ripercorre il suo medesimo infranto. Persino il grande Pirandello dunque non trova più la strada maestra ma, grazie alla vista del sommo teatro, egli potrà salvarsi.

Il ruolo de Il bambino nascosto – precedentemente affidato a Gabriele (Silvio Orlando) nell’omonimo film del 2021 sempre diretto da Andò – è pertanto ricoperto ora da un poeta che, sperduto come Dante nella selva oscura, tenta di ritrovare “quell’amor che move il sole e l’altre stelle”. I teatranti interpretati da Ficarra e Picone sono invece il suo personalissimo Virgilio che brilla di una luce feconda di tanta creatività. Ogni atto provato sul palcoscenico dal duo e compagnia ha il compito di trasformare il delirio interiore del drammaturgo in un teatro di vita e catarsi: solo così Pirandello potrà riconquistare l’equilibrio perduto e conferire alle sue timide stranezze una ragione per cui esistere. Ad esempio, la scena della seduta spiritica da parte dei dilettanti è l’effettiva manifestazione di un dramma intrinseco e privato. Oltre a permetterci di ammirare la sovrapposizione mediale tra teatro e cinema, quest’ultima scena è la prova materiale della follia insita in Pirandello. Gli attori seduti si dimenano e urlano l’apparizione di un fantasma, mentre il poeta osserva con stupore quanto accade di fronte ai suoi occhi. In questo momento, gli attori diventano sintesi di un inconscio in fibrillazione che attende spasmodico il concretizzarsi di un’idea… e perché no, di un autore da cui farsi rappresentare.

La stranezza di Roberto Andò è una matassa di personaggi che esistono tutti affinché Pirandello ritrovi la sua identità. Gli stessi personaggi di Ficarra e Picone sono anime teatrali scartate alla ricerca perenne di un autore che li rappresenti. Li vediamo sempre errare comicamente per le strade e i teatri di Sicilia e Roma, e mai sono tranquilli in merito al loro futuro. Sebastiano e Onofrio sono sì il simbolico Virgilio dell’inconscio pirandelliano, ma questi si colorano anche di quelle tinte autoriflessive proprie di protagonisti come Rosencrantz e Guildenstern – dal teatro dell’assurdo Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard – e Vladimir ed Estragon – dal teatro dell’assurdo Aspettando Godot di Samuel Beckett. E, proprio come il teatro di Pirandello Stoppard e Beckett, anche il cinema di Roberto Andò fa sì che i suoi personaggi precipitino nella bizzarria e nel grottesco mentre attendono l’avverarsi di una magia.

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