Drive-Away Dolls, la recensione: la strada è meno dura se condivisa

Drive-Away Dolls recensione film Ethan Coen DassCinemag

«L’amore è una corsa in slitta verso l’inferno». Così è scritto sul portabagagli dell’auto affittata da Jaimie e Marian. Drive-Away Dolls (trailer) racconta un road trip tanto esilarante quanto pericoloso, durante il quale le giovani protagoniste hanno modo di comprendere ed accettare le emozioni l’una dell’altra. Si parte da Philadelphia, città progressista e svincolata da qualsivoglia pregiudizio su questioni di genere e di orientamento sessuale. Qui le due amiche vivono la propria omosessualità in maniera nettamente speculare: da un lato Jaimie (Margaret Qualley), fieramente avventurosa e libertina, dall’altro Marian (Geraldine Viswanathan), più reticente e sentimentale. Completamente opposta è, invece, la loro destinazione: Tallahassee, città della Florida fermamente conservatrice nei valori e nelle idee. È ironico notare, a questo punto, come tra le due ragazze sia Jaimie, di origini texane, a trascinare la compagna di viaggio verso un modo più consapevole di pensare la sua sessualità.

Tutto il film si regge su simmetrie di questo genere, raccontando una storia piena di scambi, equivoci e fraintendimenti. Non a caso, a firmarne la raffinata sceneggiatura, oltre che la regia, è Ethan Coen, accompagnato da Tricia Cooke. L’intreccio della vicenda, infatti, parte proprio nel momento in cui le protagoniste affittano un’auto, che porta con sé una valigetta destinata ad un gruppo di agenti privati (tra cui figurano Colman Domingo). In questo modo il viaggio di piacere verso la Florida diventa un inseguimento folle, che coinvolge buffi personaggi secondari ed antagonisti al limite del ridicolo.

La vivacità del racconto ben si sposa con una regia e un montaggio pieni di idee e sempre accattivanti; da un lato ritornano alcuni motivi dai precedenti film dei fratelli Coen (per primo viene alla mente Il grande Lebowski), dall’altro sono molti i riferimenti che dimostrano come quest’opera sia ben consapevole del genere a cui appartiene e dei suoi precedenti, da Se7en all’iconica valigetta di Pulp Fiction (anche se stavolta la 24 ore viene aperta e il suo contenuto è sorprendente a dir poco). Non manca qualche chicca per i cinefili più attenti, come citazioni a No Country for Old Men o Shining.

Tornando a Jaimie e Marian, i pericoli della strada non riescono nemmeno per un attimo a distoglierle dal divertimento; anzi, si manifestano come parte integrante del loro percorso di crescita. Col tempo, costrette a convivere per rimediare al guaio in cui sono coinvolte, impareranno a venirsi incontro, abbandonando entrambe la propria posizione di intransigenza riguardo l’omosessualità e scoprendo un modo nuovo di viverla insieme. E se è vero ciò che è scritto sul portabagagli dell’auto, è anche vero che attraversare l’inferno è molto più facile se si è in due.

Drive-Away Dolls dunque si pone allo spettatore come un road movie senza troppe pretese e con la giusta dose di ironia ci rammenta che a volte è proprio questo il modo migliore per vivere con gli altri: senza pretese. Scoprire nuove strade verso la libertà individuale è possibile solo aprendosi alla conoscenza dell’altro, mettendosi a sua disposizione. A lasciare un sorriso è anche l’idea che sia uno dei goffi antagonisti a pronunciare una frase che ben racchiude l’essenza di questo film: «”Io potere. Io volere”, non funziona così la vita vera».

Dal 7 marzo al cinema.

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