#Venezia80: Daaaaaali!, la recensione del film di Quentin Dupieux

Daaaaaali, la recensione del film

Quentin Dupieux è una delle personalità più eccentriche e creative del panorama cinematografico francese contemporaneo. Il suo secondo film, Rubber, ha fatto il giro del mondo e lo ha reso uno dei nomi più curiosi del cinema europeo. Nel film in questione seguiamo le gesta efferate di uno pneumatico assassino che si vendica in nome di tutti le ruote maltrattate del mondo. Qui possiamo trovare citazioni esplicite tanto a Gli uccelli di Alfred Hitchock quanto a Duel e Jaws di Steven Spielberg.

Nel corso degli anni Dupieux si è cimentato in film diversissimi fra loro spingendo sempre con fermezza sui pedali del grottesco e della commedia, con risultati sempre colti dal punto di vista cinefilo ed originali tanto per il panorama europeo quanto per quello americano. Fra le tante lucide follie creative di Dupieux merita di essere ricordato l’incredibile fanta-horror Il fumo provoca la tosse presentato nel 2022 a Cannes. Nel film seguiamo le gesta di alcuni improbabili supereroi in stile Power Rangers contro mostri di sangue e gommapiuma ed una imminente fine del mondo, fra violenza, pornografia, splatter e demenzialità assoluta.

In Daaaaaali! Dupieux si mette in gioco con un gigante dell’arte contemporanea e lo fa scegliendo di rielaborare, senza mai citare, le scelte narrative di un altro gigante, Luis Buñuel. Il grande regista di origini messicane aveva lavorato con Dalì agli albori delle loro carriere, realizzando due capolavori assoluti come Un chien andalou e L’âge d’or. In effetti, per raccontare il più famoso artista surrealista del 900 non poteva che servire l’unico regista con cui Dalì lavorò in modo pienamente sincronizzato. Del resto, il surrealismo cinematografico di Buñuel molto si sposa con lo stile di Dupieux, che non può essere messo in paragone, ma è chiaramente figlio di quella cinematografia e ne ha subìto fin dalle origini una immensa influenza.

Nel film non esiste un solo Dalì, ne sono individuabili almeno tre che si susseguono, si sostituiscono e si sovrappongono per tutto il corso del racconto, che sembra essere un film nel film ma anche un sogno che sogna altri sogni dai quali è poi impossibile trovare una via d’uscita. Le opere di Buñuel sono costantemente citate, da Il fascino discreto della borghesia al Fantasma della libertà fino a Quell’oscuro oggetto del desiderio, e sono perfettamente logiche da inserire in un contesto come questo. Buñuel, infatti, per primo trattava il surrealismo prendendo in giro tanto la corrente artistica quanto sé stesso, e qui, ogni momento di metacinema o di dimensioni oniriche che si infrangono le une contro le altre o semplicemente si frappongono, sono costruiti per suscitare ilarità nello spettatore. Questo momento leggero rimanda ad un maestro assoluto, alla più pura anarchia del visivo, una condizione così al limite e perturbante da saper sempre esistere fra l’inquietudine ed il grottesco, fra l’onirico e l’ironico, come Dalì, come Buñuel e nella massima umiltà come Dupieux.

Ti potrebbero piacere anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ho letto la privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. n. 196 del 2003 cosi come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.