Sono emblematiche le immagini con cui si apre Ariaferma (trailer), nuovo film di Leonardo Di Costanzo, presentato fuori concorso a Venezia. C’è la montagna sarda, la foschia, un senso di staticità che Luca Bigazzi, direttore della fotografia, sembra aver preso a piene mani da opere come In vedetta di Giovanni Fattori. E quei pochi secondi, accompagnati dalla voice over del protagonista, l’ispettore della polizia penitenziaria Gargiulo, fungono da preludio a ciò che vivremo nei minuti successivi. Perché il tempo dentro il penitenziario presso cui lavorano Gargiulo e la sua squadra, il (fittizio) Mortara, è un tempo altro, fuori dal mondo.
Ma facciamo un passo indietro. La voice over iniziale, dopo uno stacco, si scoprirà essere una voce diegetica, parte di una sequenza attorno ad un falò. La squadra della penitenziaria è di ritorno da una battuta di caccia, unita per l’ultima volta prima della chiusura del carcere (in uno stato di decadimento). Tornati in sede, gli agenti scopriranno dalla direttrice che la struttura che dovrà accogliere dodici detenuti di Mortara non è disposta, in tempi brevi, a garantire questo trasferimento. Allora la squadra di Gargiulo dovrà temporaneamente ri-organizzarsi, con molti dei servizi sospesi, nell’ala “più accogliente” dell’edificio per tenere sotto controllo gli ultimi detenuti.
Il più grande pregio di Ariaferma è proprio l’attenzione che Di Costanzo pone nel costruire quest’atmosfera sospesa, dove ciò che succede all’interno del carcere sembra provenire da un altro mondo. Un mondo dove vengono disattese tutte le aspettative di un prison movie; ma dove ogni momento, ogni concessione (dovuta, da un certo punto in poi) che i secondini faranno ai detenuti, potrebbe costare caro. Insomma, dove in pochi istanti, comincia a venire meno la distanza tra i due gruppi. Questa attenzione viene principalmente sostenuta dalle ottime interpretazioni del cast: a partire, ovviamente, da Toni Servillo (al secondo film presentato in questo festival dopo È stata la mano di Dio, in attesa di Qui rido io di Martone) e Silvio Orlando, ma anche dagli ottimi Fabrizio Ferracane e Pietro Giuliano nel ruolo di Fantaccini, la vera rivelazione del film.
Purtroppo, in questa perenne atmosfera da “deserto dei tartari” e nella costante disattesa di qualsiasi aspettativa, sottolineata dalle musiche percussive composte da Pasquale Scialò, il film finisce per essere vittima di se stesso e dedicarsi unicamente a contemplare questo affascinante e bizzarra comunità che più che vivere cerca di sopravvivere a questa vana attesa. Viene meno la progressione, un vero e proprio approfondimento dei personaggi, una vera crisi (accennata brevemente nella sequenza dello sciopero della fame).
Forse il vero intento di Di Costanzo, come ammesso in conferenza stampa (“avevo bisogno di essere molto vicino ai personaggi […] di raccontarli nell’interiorità più che nell’azione”), era ben altro e legato alla descrizione di una determinata situazione, di un’ideale di società (e sequenze come quella, riuscitissima, della cena lo dimostrano). Ma tutto sembra perdersi in un bicchier d’acqua, in una chiusura affrettata e insapore che un titolo ben costruito come Ariaferma non avrebbe certo meritato.
Il film uscirà nelle sale il 14 ottobre per Vision Distribution (in collaborazione con Amazon Prime Video).