La piattaforma di streaming di Amazon continua convinta sulla linea dell’autorialità, fregandosene del mainstream e seguendo una strada già percorsa con altre produzioni originali come Fleabag (2016), American Gods (2017) e Homecoming (2018). Questa volta il team Prime Video si lascia alle spalle il dramedy e il thriller per concentrarsi sull’horror e lo fa evidentemente inserendosi nell’innovativa tendenza portata avanti negli ultimi anni da giovani registi come Robert Eggers, Ari Aster e Jordan Peele. Ed è proprio ai lavori di quest’ultimo che Little Marvin, creatore della serie, si rifà maggiormente.
In Them (trailer), come in Get Out (2017), è il razzismo il personaggio principale; le discriminazioni e le violenze attraverso cui esso agisce sono in entrambe le narrazioni raccontate con una tensione sin dai primi momenti affilatissima. Allusioni per lo più formali invece nel caso di Us (2019): la scelta del titolo e delle grafiche in rosso vivissimo, il recasting di Shahadi Wright Joseph sempre nel ruolo di figlia maggiore e la canzone Les Fleurs (episodio 3).
Nonostante tutti i riferimenti che si possono trovare, Them decisamente non pecca di poca originalità, pur affrontando un argomento molto discusso. La serie ripercorre i primi 10 giorni di una famiglia afroamericana nel loro nuovo quartiere. È il 1953 e gli Emory, originari dalla Carolina del Nord, si sono appena trasferiti a Compton (California) con la speranza di trovare maggiori opportunità e minori discriminazioni. Come ci ricordano gli autori nei primi minuti dell’episodio 1, gli Stati Uniti in quegli anni erano nel pieno di un fenomeno conosciuto come Grande Migrazione, che vide migliaia di famiglie afroamericane trasferirsi verso Nord od Est, lasciandosi alle spalle un Sud socialmente arretrato e discriminatorio, dove la dottrina del «Separate but equal», legittimata dalle Leggi Jim Crow, godeva ancora di larghi consensi. Sebbene ad Est e a Nord la situazione fosse più distesa, non sempre le comunità bianche accoglievano calorosamente i nuovi arrivati; ed è proprio questo il caso della famiglia Emory.
Il «comitato di accoglienza» del loro quartiere si presenta da subito molto organizzato e solido nell’intento di rendere la loro permanenza poco gradevole e il meno duratura possibile. A racchiudere in sé tutta la determinazione e la crudeltà del gruppo è la spudorata e spregiudicata Betty Wendell di Alison Pill, che nel corso della narrazione assumerà concretamente il ruolo di leader in questa sanguinaria battaglia contro l’uguaglianza. Al fronte opposto, la famiglia Emory che, come spesso ci viene ricordato, ha già sofferto molto ed è pronta a battersi pur di non continuare a fuggire. Il padre, Henry, interpretato da Ashley Thomas è un personaggio complesso, che ha su di sé tutto il peso delle aspettative. Sia la sua famiglia sia, simbolicamente, la comunità afroamericana si affidano a lui con la speranza di poter finalmente accedere ad una qualità di vita migliore. Herny è infatti laureato e si trasferisce a Compton perché ha ottenuto un’offerta di lavoro come ingegnere, ruolo purtroppo insolito per persone di colore. Altro personaggio che ci viene da subito presentato come psicologicamente intricato è quello di Lucky Emory, la madre di famiglia molto protettiva, magistralmente interpretata da Deborah Ayorinde.
Them è una serie caratterizzata da una narrazione strutturalmente ben organizzata. Sono 10 episodi per 10 giorni di racconto, ma la divisione non è così banale come si potrebbe pensare. Oltre ad assistere allo sviluppo delle giornate della famiglia abbiamo infatti due episodi particolari, intitolati Il Patto, in cui vengono approfondite delle trame secondarie: nella prima parte (episodio 5) vediamo un approfondimento sulla politica immobiliare di Compton e un flashback sulla storia della famiglia Emory, mentre nella seconda (episodio 9), un flashback questa volta più lontano nel tempo sembra quasi volerci riportare alle origini del razzismo in America. Anche per quanto riguarda il main plot c’è da fare una precisazione: la trama principale corre parallelamente a una trama psicologica e privata che si sviluppa nella psiche degli Emory e si manifesta per ognuno di loro in modo diverso. Them si mantiene perfettamente in equilibrio su tutti questi spunti narrativi che, avanzando nella visione, prendono forma in modo piacevolmente armonioso.
Visivamente la serie è altrettanto accurata e ricercata. Viene usata un’ampia varietà di soluzioni visive che rendono la narrazione ancora più interessante e ritmata. La fotografia che cambia nettamente nei flashback e si satura di rosso in alcuni momenti; azioni ordinarie presentate attraverso panoramiche molto lente, l’uso di camere a mano frenetiche e nobody shot dall’alto o con inclinazioni improbabili a rendere il tutto più disturbante; e ancora effetti grafici come il titolo o la scansione dei giorni sovraimpressi a particolari fotogrammi e infine split screen tesissimi.
Insomma, Them è davvero una serie curata al dettaglio, che sicuramente apprezzerete se appassionati di horror e che amerete se guardate al cinema come strumento espressivo. La scelta di distribuire la serie solo in lingua originale potrebbe essere un minimo ostacolo verso il successo, che si prospetta ampissimo già dopo le prime settimane dall’uscita.