The Prom, la recensione del film su Netflix

The Prom

Dalla fitta collaborazione intensificata nell’ultimo anno e mezzo tra Ryan Murphy – regista, sceneggiatore e produttore cinematografico e televisivo – e il colosso statunitense della distribuzione di contenuti audiovisivi Netflix, prende vita The Prom (trailer) nonché l’ultimo progetto diretto e prodotto dallo stesso creatore di rinomate serie TV quali Glee (2009-2015) e American Horror Story (2011- in corso). La pellicola, sceneggiata da Chad Beguelin e Bob Martin, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo musical del 2016, ispirato a sua volta a un reale fatto di cronaca avvenuto nel 2010 in Mississippi intorno alla figura della giovane Constance McMillen.

Broadway. Dee Dee Allen (Meryl Streep) e Barry Glickman (James Corden) sono due star al declino del loro successo, in seguito al fiasco totale del loro ultimo spettacolo da attori. Per mere esigenze economiche e di pubblicità personale, decidono quindi di rilanciare la propria immagine adempiendo ad una qualsiasi causa civile che possa vederli impegnati benevolmente sul fronte sociale e accaparrarsi così nuovamente l’attenzione dell’ipotetico pubblico. Ecco quindi che si imbattono nella vicenda di Emma Nolan (Jo Ellen Pellman), ragazza liceale in Indiana, a cui è stato proibito di partecipare al tanto atteso ballo di fine anno, il prom appunto, accompagnata dalla sua ragazza Alyssa (Ariana DeBose), in quanto omosessuale. Solo l’eccentricità di Dee Dee e Barry, insieme ai loro amici e colleghi l’attore Trent Oliver (Andrew Rannells) e la ballerina Angie Dickinson (Nicole Kidman), riuscirà a ritrovare la giustizia ricercata andando a determinare il cambiamento di più di una vita all’epilogo della storia.

Quella di Ryan Murphy sul piano drammatico e contenustico è quella che potremmo definire senza apparenti problemi come una sorta di rivincita personale sulla base di elementi autobiografici: non solo l’omosessualità del regista è pubblicamente dichiarata già da diverso tempo, ma anche la provenienza geografica dello stesso, lo Stato dell’Indiana, è condivisa con la protagonista della vicenda, andando quindi a innescare nel padre del progetto una duplice spinta emotiva ed estremamente intima che l’ha indotto a ripercorrere parte del suo vissuto culimando poi con la concreta attuazione del prodotto cinematografico. Egli stesso, in seguito alla visione del musical a cui la pellicola è ispirata, dice: “Ricordo di essere uscito da lì pensando che avrei voluto ci fosse stato qualcosa come questo per me da vedere o da guardare con i miei genitori quando ero più giovane. Ma non c’era. Quindi è quello che ho fatto.”

La volontà introspettiva che Murphy attua in The Prom si esplica in un teen drama che pur avendo come motore propulsore una sfera tanto intima e scomoda da intaccare moralmente su una matrice di political correctness, è tuttavia costantemente pervasa da un velo di superficialità nella totale resa tecnico-espressiva che va a privare di spessore una tematica che, al contrario, è imbevuta sempre di più predominante importanza nella nostra contemporaneità. E non solo si traduce nella mancanza di spessore su un piano più propriamente culturale, bensì va in aggiunta ad intaccare l’assetto drammaturgico generale che risulta privo di pilastri solidi su cui la storia può effettivamente reggersi.

Poco si dimostra coinvolgente il background della stessa protagonista, e non ci si può aspettare qualcosa di diverso dal resto dei personaggi, tutti a loro modo molto deboli (ad eccezione probabilmente della Dee Dee di Meryl Streep), o addirittura completamente assenti nelle dinamiche narrative, come avviene per il personaggio di Angie Dickinson di cui fondamentalmente l’unica utilità è dare un ruolo a un grande volto del cinema americano come quello di Nicole Kidman a cui per un attimo si vuole dare solo la parvenza sbiadita della sua Satine in Moulin Rouge! (2001).  Per non parlare poi dell’inserimento – forzato – dell’elemento meta-teatrale/cinematografico pieno di continui e importanti rimandi al mondo dello spettacolo (tema oltretutto caro a Ryan Murphy meglio toccato nella miniserie Hollywood) che distoglie l’attenzione dalla vicenda più propriamente legata alla ragazza nell’Indiana, nonché il presupposto focus primario della narrazione.

The Prom, quantomeno, si salva in calcio d’angolo sul piano estetico-visuale restituendo una fotografia disneyana della realtà – a cui contribuisce il fatto stesso di essere un musical dalle spiccate note pop – accentuata in primis dalla ricchezza dei costumi e delle scenografie impiegate nelle coreografie iniziali ambientate nel pieno sfarzo di Broadway, ma soprattutto da una piena consapevolezza nell’utilizzo tecnico della mdp, manifestandosi con una regia accuratamente calibrata e pensata nell’ottica dei maggiori momenti a carattere drammatico – di cui Murphy aveva già dato grandissima prova di abilità nella messinscena di Ratched (2020) – e un’intelligente uso di illuminotecnica nelle scene cantante rendendo la fotografia di Matthew Libatique un lavoro altamente minuzioso e ben riuscito.

Ad ogni modo, nonostante gli eventuali scivoloni disseminati in maniera un po’ ricorrente dall’inizio alla fine della pellicola, è un prodotto che chiede esso stesso di essere visto, se non altro per qualche piccolo elemento che ne stuzzica la curiosità: la forte influenza di un cast di tale livello (seppur per nulla valorizzato), una tematica tanto preponderante e attuale (seppur troppo semplice da vendere) e un focus importante sul mondo dello spettacolo (seppur inutile ai fini della narrazione). Insomma, con qualche “seppure” in meno, The Prom avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un film un pelo più apprezzabile.

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