Sex Education, recensione della terza stagione su Netflix

Sex Education

Sex Education, creata da Laurie Nunn, è la serie che finora si è distinta per il gentile impeto con cui ha aperto uno spazio di discussione serio e disinvolto riguardo le tematiche legate al sesso, al genere, alla vita di coppia, alla conoscenza del proprio corpo. Uno spazio che ha fatto sentire la sua mancanza per più di un anno e mezzo. Ora, le star di una delle serie Netflix più di successo degli ultimi anni tornano nell’attesissima terza stagione (trailer).

Dopo il finale aperto della scorsa stagione, si fa ritorno alla “scuola del sesso”, così nominata come risultato dell’impegno di Otis (Asa Butterfield) e Maeve (Emma Mackey) nell’avviare un consultorio, all’interno della scuola stessa, in cui aiutare i propri coetanei ad affrontare problemi legati alla loro vita sessuale. Un’attività salvifica che sembra però essere arrivata al capolinea, più che mai quando all’inizio del nuovo anno scolastico si presenta Hope (Jemima Kirke), la nuova preside dell’istituto. Il corpo studentesco della Moordale si ritroverà a dover difendere il patrimonio di libertà d’espressione generatosi a partire dal consultorio, senza dimenticare il prezioso operato di Jean (Gillian Anderson), la madre di Otis. La terza stagione ribadisce con energia sin da subito i marchi stilistici di Sex Education: gag brillanti, raffinata scelta di musiche, capacità di viaggiare con facilità dall’estremo comico a quello più drammatico, e soprattutto, che nessuno venga lasciato indietro.

Oltre al rapporto da sistemare di Otis e Maeve, ritroviamo Eric (Ncuti Gatwa) e Adam (Connor Swindells), Ola (Patricia Allison) e Lily (Tanya Reynolds), Aimee (Aimee Lou Wood), Jackson (Kedar Williams-Stirling), new entry come Cal (Dua Saleh), ma anche l’approfondimento di personalità su cui prima non si era indugiato molto, come Ruby (Mimi Keene), Isacc (George Robinson), Michael Groff (Alistair Petrie), per dirne solo alcune. Le linee narrative sono varie e diversificate per temi affrontati, ma ciò che fa la differenza è che vengano trattate tutte con la stessa naturalezza, comprensione, specificità e rispetto. Si configura sempre di più come un’area confortevole per chiunque, che sia dentro o fuori la serie.

Sex Education

Sotto questo punto di vista la terza stagione prosegue a tutta velocità per la sua strada, non indietreggia nei suoi intenti, anzi, li rende ancora più espliciti. Così come più espliciti sono i riferimenti alle problematiche attuali di cui ora si parla più espressamente. In questo senso, Sex Education rinnova la sua funzione straordinariamente didattica, arrivando a mostrare senza problemi nella narrazione gesti e prese di posizione forti, in risposta a tesi e iniziative controverse che sfondano alti livelli di incredulità.

Sex Education è forte, in svariate accezioni: intensa, divertente, assurda, coraggiosa. Quest’ultima forse un po’ sopra ogni altra, poiché suggerisce con decisione di coltivare il potere della scelta, alzare la testa per scorgere sempre la possibilità di ricostruirsi, fermarsi per ripartire con più consapevolezza e cura di sé, rinascere, non importa quale età si abbia, non è mai troppo tardi.

La terza stagione restituisce in una forma convincente tutti i presupposti per cui la serie è nata. Non solo la positivizzazione del sesso, del piacere e di tutti i sentimenti, ma anche l’astensione dai giudizi facili, il riconoscimento degli errori e delle difficoltà, l’aiuto alle persone, con una sincera e amorevole fiducia nell’adolescenza.

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