#ROMAFF15: La Nuit des Rois, la recensione

La Nuit des Rois

“E rivoltasi quindi a Schahriar diè principio alla narrazione della prima novella, la quale, non essendo terminata collo spuntar del sole, fu però capace d’interessar tanto la curiosità del Sultano, che le permise lasciarla dire il giorno appresso, e così interrottamente di Novella in Novella poté la Favorita, col suo stratagemma, invogliare quel Sire ad ascoltarla per mille e una notte”. Scheherazade, figlia del gran visir, aveva capito che le storie hanno il potere di in-trattenere ed è così che riesce nell’impresa di salvarsi e salvare ad altre donne la vita, trattenendo il Sultano dall’ucciderla con la forza dei suoi racconti. E Philippe Lacôte con il film La Nuit des Rois (clip), partendo dalla stessa antichissima suggestione, riesce a scrivere e a dirigere un film sorprendentemente originale.

La MACA non è solo una prigione e neppure l’unica prigione governata da un detenuto: è un altro mondo, con le sue regole e le proprie tradizioni. È per questo che quando la luna è rossa e tinge il mondo con i suoi riflessi color sangue, bisogna eleggere un Roman, qualcuno che per una notte racconti storie ai detenuti. Sono quindi le storie ad animare il film, a portare lo spettatore fuori dalla MACA, la prigione dall’atmosfera magnetica. Sono le storie che rendono possibile la scoperta della Costa d’Avorio. Sono le storia a tenere in vita Roman (Bakary Koné). E non a caso è la dimensione narrativa del film la cosa più interessante di tutte.

Perché in un film in cui è lo storytelling ad vere un ruolo così centrale, non sorprende che siano presenti al suo interno varie forme di narrazione. E quindi mentre Roman racconta, altri detenuti accompagnano le sue parole con la danza, creando delle figure con il corpo. Mentre Roman racconta, i detenuti intonano dei canti, creando delle figure con la voce. Mentre Roman racconta, lo spettatore non può che pensare dunque al teatro (che fosse un riferimento a Peter Brook quel tappeto disteso ad un certo punto per terra?). Per lo stesso motivo, nel momento in cui delle immagini d’archivio interrompono bruscamente il film, la linea narrativa resta intatta, perché quelle immagini d’archivio rappresentano comunque una forma di narrazione, il cui compito è raccontare la storia della Costa d’Avorio.

E ancora il mito, l’eroe e la dimensione rituale del racconto. Così come la folla, le grida di disappunto o di approvazione e la dimensione sociale del racconto. Philippe Lacôte mette in scena il bisogno viscerale dell’essere umano di sentire delle storie, per questo Roman per sopravvivere deve continuare a raccontare. La Nuit des Rois è un film che diventa metafora dello spettacolo. Metafora dell’intrattenimento, da intendere nel senso migliore del termine. Metafora del cinema stesso.

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