Resident Evil, la recensione della prima stagione su Netflix

Resident Evil serie Netflix recensione

Resident Evil (trailer) è una serie che, in questi ultimi giorni, sta facendo molto discutere. Tuttavia se ne parla in modo negativo, sotto ogni punto di vista. La domanda sorge spontanea: si tratta davvero di una serie così brutta? Possiamo dire che la creatura ideata da Andrew Dabb soffra di alti e bassi, dove i primi sono pochi e i secondi sono molti, moltissimi.

Le principali problematiche che rendono Resident Evil nettamente inferiore ai prodotti usciti su Netflix nell’ultimo periodo ruotano soprattutto attorno alle scelte di sceneggiatura e ad una CGI poco convincente, con quest’ultima che spesso è cruciale in una serie di orrore e fantasia. Sin dai primi istanti emerge la volontà di raccontare la storia di Jade Wesker (Ella Balinska) e della sorella gemella Billie (Adeline Rudolph) su due binari temporali paralleli, rispettivamente ambientati nel 2022 e nel 2036. La scelta mette in mostra interessanti escamotage per passare da una linea all’altra, ma allo stesso tempo tende a sminuire ogni colpo di scena che la serie offre, rendendoli spesso prevedibili.

Nonostante questo difetto, la prima stagione di Resident Evil ha gettato le basi per un interessante sviluppo della storia, la quale, malgrado svariate pecche, ha del potenziale. La trama non ha niente di originale, ma sa incuriosire lo spettatore, soprattutto per quel che riguarda il passato di Raccoon City. Per chi non conosce i numerosi videogiochi che hanno ispirato questa serie, le informazioni rivelate nel corso delle prime otto puntate lasciano un vuoto da colmare, facendoci pensare ad un iceberg del quale abbiamo intravisto solo la punta. Resident Evil, oltre al capitolo Raccoon City, lascia molti altri capitoli aperti, rendendoci curiosi sul loro possibile sviluppo nelle successive stagioni.

I numerosi difetti di sceneggiatura della serie, tuttavia, rendono instabili i piatti della bilancia. Tante sono le battute telefonate e poco approfonditi sono i personaggi principali. Resident Evil forza fin troppo la mano, decidendo di puntare spesso su un’ironia che si amalgama male con il carattere horror della serie. Funziona bene la caratterizzazione dell’antagonista che dà la caccia a Jade nel 2036, donandogli una sua unicità, ma molte delle battute o dei momenti “comici” ci appaiono fuori luogo e ne faremmo volentieri a meno. Un altro problema delle battute è il loro essere troppo spesso cariche di informazioni, un errore da matita rossa in ambito di sceneggiatura, con il mantra “mostra, non parlare” che viene brutalmente messo da parte. Infine, l’estrema attenzione data alle dinamiche esteriori della storia, portano lo sviluppo interiore dei personaggi a perdersi per strada, impedendoci una fondamentale immedesimazione.

Se la sceneggiatura scricchiola c’è però un montaggio alternato di fondamentale importanza, spesso usato per aumentare l’impatto emotivo di alcune sequenze chiave della serie. Lo stile visivo di Resident Evil è convincente, donandogli una sua particolarità, così come diverse sequenze dalle tinte più horror. Non tutte funzionano bene e quasi nessuna fa veramente paura, ma il tentativo è più che apprezzabile.

Resident Evil è una serie che ha grossolani difetti sotto vari punti di vista, alcuni frutto di scelte banali. L’opera di Dabb mostra molte ombre e pochissime fioche luci, instillando nello spettatore un briciolo di curiosità per il futuro sviluppo della storia di Jade e Billie. Possiamo però dire, senza alcun dubbio, che Resident Evil non sarà la vostra prima scelta quando accederete a Netflix.

Resident Evil è disponibile su Netflix dal 14 Luglio.

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