
La seconda giornata del Festival Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro si è aperta con il lungometraggio documentario della filmmaker americana Lee Anne Schmitt, Evidence (trailer). Un archivio di libri, fotografie, video e molto altro: prove inconfutabili della rete di controllo politico, mediatico e culturale dei conservatori americani. La regista rompe il ghiaccio mostrando una collezione di bambole colorate da tutto il mondo, doni di suo padre responsabile delle relazioni internazionali per la Olin Corporation, provenienti dai suoi innumerevoli viaggi di lavoro.
La Olin Corporation, fornitrice di munizioni durante la seconda guerra mondiale si reinventa come produttrice di agenti chimici industriali. Da quando, nel 1969, John M. Olin prende il controllo della fortuna di famiglia e della corporazione, decide di dedicarsi alla preservazione del sistema e alla massima propagazione delle ideologie conservatrici e capitaliste che hanno reso possibile l’accumulo di tanto capitale. Attraverso la creazione di fondazioni, organizzazioni studentesche, mezzi mediatici e editoriali, da un solo personaggio parte un ramificato e sistematico avvelenamento della società americana, in cui solo ciò che è tossico riesce a proliferare, fino ad arrivare ai piani più alti: la corte suprema e la casa bianca.
Tra numerose tematiche distinte si snoda il filo rosso della Olin Foundation: dalla distruzione ambientale causata dall’abuso di materiali chimici, alla proprietà privata venerata come baluardo supremo dei valori americani, passando per il mito della famiglia, argomenti solo apparentemente sconnessi. Olin è stato capace di influenzare la politica, l’economia e la cultura trasformando il capitale in uno strumento di propaganda incommensurabile, creando interi campi di ricerca con il solo scopo di diffondere e corroborare teorie volte a mantenere un assetto sessista, razzista e capitalista e a denigrare tutti i movimenti sociali progressisti.
Mentre le iniziative di pace, uguaglianza e amore sono saltuarie e sporadiche, l’odio è rafforzato dall’unione, e così, migliaia di pensatori, politici, legislatori e figure pubbliche sbocciate sotto l’ala delle iniziative promosse da Olin, si sono uniti nella lotta contro il cambiamento di un sistema di cui sono beneficiari, nel nome della tradizione.
Lento e costante, il documentario mantiene lo stesso tono pacato per tutta la sua durata e, con una musica soave in sottofondo, tratteggia la mappa accurata di un sistema marcio. Forse è proprio questo contrasto a dare alle parole ancora più peso, le prove raccolte vengono presentate con disillusa freddezza, senza dare un’opinione, permettendo alle informazioni di sedimentarsi lentamente e insinuarsi pian piano sotto la pelle dello spettatore.
Evidence è un film personale e universale, riguardante un fenomeno che ha influito, suo malgrado, la vita della regista e probabilmente su quella di migliaia di famiglie americane. L’assetto intimo e personale dell’opera contribuisce a mettere tutto in prospettiva, a ridimensionare i concetti astratti del potere e dell’influenza rispetto alla vita quotidiana degli americani: famiglie qualsiasi, spesso vittime di un sistema che non le rispecchia. Come si può fare finta di niente? Come si può dare alla luce altri esseri umani, condannandoli ad un mondo che non riesce a cambiare? Con la sua opera, Lee Anne Schmitt non fornisce domande né risposte, solamente delle prove, “evidence” appunto, perché la conoscenza consapevole della realtà dei fatti possa renderci impossibile ignorarli e tirare avanti con la nostra vita.