Morbius, la recensione: un vampiro che non morde

Morbius, la recensione del vampiro targato Marvel

Grandi aspettative ruotavano attorno all’avvento cinematografico di Morbius, il dottore-vampiro interpretato da Jared Leto chiamato ad imprimere nuova verve al neonato Sony’s Spiderman Universe, soprattutto dopo gli esordi non molto convincenti del suo compare Venom. Concrete sembravano essere poi le speranze dopo l’uscita del trailer del film, che prometteva di portare sul grande schermo un eroe, o antieroe che dir si voglia, diverso dal solito. Ma diverso da cosa?

Partiamo dal principio. E il principio è nel sangue. Michael Morbius è un medico di fama mondiale, affetto fin da bambino da una rara malattia ematica che ne compromette vistosamente la salute. A condividere la stessa sorte è Milo (Matt Smith), suo amico d’infanzia e affetto fraterno. La morte aleggia costantemente su di loro, come il dottore non smette mai di ricordare, spingendolo a dedicare la propria esistenza alla ricerca di una cura che permetta ai due di sopravvivere. Per tale motivo decide di spingersi oltre il confine etico impostogli dalla sua professione: combinare il proprio DNA con quello del pipistrello vampiro, così da compensare le sue carenze genetiche. Da tale esperimento il protagonista uscirà completamente sfigurato: metà uomo, metà bestia, un essere ibrido dominato da una sete di sangue che ne compromette la natura umana.

Fin qui le premesse per qualcosa di intrigante, almeno per gli amanti del sovrannaturale, sembrano esserci (per quanto mischiate in salse già provate). E difatti la prima metà del film si regge tutto sommato sulle proprie gambe, riuscendo senza troppi inciampi a dare alla luce la sua creatura. Particolarmente accattivante è proprio la sequenza della prima trasformazione del dottor Morbius, in cui il regista Daniel Espinosa utilizza intelligentemente delle soggettive del mostro durante i suoi attacchi ai soliti malcapitati, capri espiatori per la dimostrazione di forza dei suoi poteri.

Ma proprio nel momento in cui il nostro vampiro dovrebbe spiccare il volo, ecco che le sue ali si incrinano rovinosamente. Piuttosto che volare la storia del film si incanala su binari scontati, prevedibili fin dalle sue prime battute, per non dire del tutto banali. La lotta tra Morbius e Milo, che dopo la malattia condivide con l’amico anche la maledizione, appare come un qualcosa di già visto, senza peraltro trovare una base solida nella caratterizzazione psicologica dei personaggi. In altre parole, il personaggio di Matt Smith (ormai a suo agio nei panni dell’antagonista, dopo l’ottima prova in Ultima notte a Soho) sembra compiere azioni negative per il solo fatto di essere il cattivo del film, senza avere delle motivazioni interiori che lo spingano a contrapporsi al protagonista. Il quale, dal canto suo, risulta incapace tanto di proteggere le persone che gli stanno accanto quanto di ergersi a vero e proprio eroe corrotto. Un po’ come se, nel tentativo di costruire un personaggio dalla natura ambigua, il film si sia dimenticato della necessità di strutturare una personalità ben definita. A poco servono poi i richiami biblici a cui la storia si appiglia – come quello del figlio buono e il figliol prodigo – che a conti fatti suonano più come abbellimenti superficiali che come arricchimenti di senso.

Se il sangue è il principio, il sangue è anche la fine. Se è vero che la narrazione del film scorre verso un finale scontato, il biasimo maggiore che si può rivolgere a Morbius è quello di non essere riuscito, un po’ come il suo personaggio, a scegliere una vera e propria natura. L’intento di Sony e Marvel era infatti quello di proporre, come detto all’inizio, un contenuto diverso dai cinecomic visti finora, puntando su un tono orrorifico e su un personaggio dalla moralità ambigua. Eppure, in ultima analisi, il film sembra essersi decisamente frenato in questo intento, come dimostra l’assenza quasi totale di sangue durante la sua visione. Per più di un’ora assistiamo ad un vampiro, anzi due, che squartano, sventrano, prosciugano le proprie vittime per nutrirsi del loro sangue. Eppure ogni elemento conturbante rimane quasi sempre fuori dall’inquadratura, come se in fase di produzione si fossero dimenticati il rosso dalla tinozza dei colori. Una carenza che aveva afflitto di recente un altro uomo-pipistrello, ossia il The Batman di Matt Reeves. Insomma, se è evidente che dietro a tali scelte si nascondano questioni di rating (e quindi ragioni commerciali), viene facile pensare, in questi tempi di politically correct e di mancanza di coraggio, che vampiri e pipistrelli possano restare un po’ assetati.

In definitiva, Morbius dà vita ad un personaggio il cui morso non lascia il segno, in un risultato ibrido che non riesce a sviluppare a sufficienza né la sua natura orroristica né quella supereroistica. Da una parte manca di tensione o visioni disturbanti, dall’altra è difficile trovare al suo interno una vera e propria figura eroica. Ammirevole ad ogni modo la volontà, attraverso il citazionismo, di porsi sulla scia della tradizione letteraria e cinematografica (da Murnau a Bram Stoker). A dispetto dei suoi illustri predecessori, però, il vampiro di Jared Leto sembra destinato a diventare tutt’altro che immortale.

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