Le avventure del piccolo Nicolas, la recensione: un dolce diventar grandi

Le avventure del piccolo Nicolas recensione film DassCinemag

È il 1955. Da qualche parte a Montmartre, fra le viuzze intricate, gli studio dalle vetrate oblique e le scrivanie macchiate d’inchiostro, dalle penne di Jean-Jacques Sempé e René Goscinny prende vita un ragazzino monello e irrefrenabile. Sono le prime pagine de Le avventure del piccolo Nicolas (trailer), uno dei fumetti a puntate più iconici nella storia della bande dessinnée francese ed europea.

Quale modo migliore di raccontare le sue scorribande se non attraverso l’animazione delicata e allegra dell’acquerello, memore dello struggente Ernest et Celestine, con colori che si dipanano come inchiostro versato a segnare lo scorrere dei giorni, l’entusiasta crescere di Nicolas, le vite dei suoi creatori. Il format del cartone animato – troppo spesso relegato a medium inferiore, dedicato esclusivamente all’infanzia – permette di valicare confini altrimenti impensabili: la realtà è in due dimensioni come il foglio di carta, e Nicolas la attraversa e sfrutta a suo piacere, parla, balla e ride con Sempé e Goscinny, suoi complici in assoluto. Le sue domande candide e brillanti esortano i “grandi” del racconto, sospingono la loro creatività, li aiutano a elaborare i ricordi più difficili e, soprattutto, a raccontarli.

Non capita spesso d’incontrare un film per bambini che riesca a parlare anche agli adulti; sono scelte che richiedono spesso un atto di coraggio e un’ironia affatto banale, ma Benjamin Massoubre e Amandine Fredon, alla direzione di questa piccola, gioiosa fiaba metropolitana, non si sono lasciati intimorire. Con dolcezza riescono ad accompagnare Nicolas (e noi con lui) attraverso dolori immensi, come la deportazione degli ebrei francesi durante la guerra, la violenza in famiglia, o il lutto per la morte di un caro amico, senza retorica, perché, in fondo, i bambini capiscono tutto ed è inutile nasconderglielo.

Soprattutto, i bambini capiscono alla perfezione un linguaggio che talvolta noi adulti tendiamo a sottovalutare: quello della risata. Le avventure del piccolo Nicolas è spassoso, movimentato, sardonico, non prende mai troppo sul serio se stesso, né il suo rocambolesco protagonista. Il film coglie con occhio sveglio ed affettuoso tutte le ostinazioni di Nicolas e dei suoi compagni, come l’odio spropositato per le “femmine”, creature assolutamente inavvicinabili, almeno finché non si tratta di dar mostra delle proprie capacità nel far capriole e arrampicarsi sugli alberi. Un’ironia acuta riveste i tipi bizzarri (ma irresistibilmente simpatici) che circondano e si relazionano con Nicolas, testimone della capacità di Sempé e Goscinny, così come degli artisti che hanno animato con maestria il film, di coglierci e raccontarci in tutte le nostre amabili storture.

La Parigi di metà del secolo prende vita e si dipinge sgargiante, con personaggi buffi e un po’ caricaturali, ma mai banali né noiosi; la musica, la passione di Sempé fin da quando era ragazzino, accompagna baldanzosa e felice le (dis)avventure di Nicolas fuori e dentro il suo foglio di carta, lo trascina in pezzi da musical squisitamente movimentati e divertenti. Le avventure del piccolo Nicolas non è un’opera esageratamente scenografica, ma è proprio in grazia della sua semplicità che gli animatori sono riusciti ad allargare le maglie della biopic e del racconto picaresco, calandosi con scioltezza in una meta-narrazione leggera, ma di una leggerezza decisa e consapevole, per regalarci un film scoppiettante come un caminetto acceso, intorno a cui scaldarci il cuore e le mani.

Dal 15 febbraio al cinema.

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