7 ore per farti innamorare, sfidare il “big monster” americano o imitarlo?

7 ore per farti innamorare

Salta l’uscita in sala per approdare direttamente su Chilli, Infinity e ora su Amazon Prime Video, il film esordio di Gianpaolo Morelli. Seppur giovato da un napolicentrismo al quale siamo ormai affezionati, 7 ore per farti innamorare (trailer) assume una bipolarità: da un lato un eccesso negativismo post-visione e dall’altro, l’opposto, un estremo ottimismo nella premessa. Presentandosi come una rom-com, infatti, si fa conferma della difficoltosa riuscita del genere in Italia ma fornisce una speranza per il genere stesso, da noi sempre molto assente e distante dall’interesse degli addetti ai lavori.

Giulio Manfredi (Gianpaolo Morelli), ripetutamente definito “sfigato”, è un giornalista napoletano che, a un passo dal matrimonio con Giorgia (Diana Del Bufalo), perde fidanzata e lavoro. Dopo una fallace ricerca di una nuova testata, finisce a lavorare per la rivista maschile Machoman. Il suo incarico lo porta a condurre assurde interviste e singolari incontri, tra i quali quello con Valeria (Serena Rossi), ideatrice della “Università del rimorchio”. Attraverso le lezioni di rimorchio, a Giulio si presenta la possibilità di riconquistare la sua ex Giorgia.

Attorno alla coppia di protagonisti, binomio già incontrato nei film dei Manetti Bros, gravitano altre interessanti personalità del cinema nostrano e soprattutto, Diana Del Bufalo in avanguardia, web nativi. Infatti, oltre a Vincenzo Salemme e Massimiliano Gallo, nel cast figurano anche Fabio Balsamo (The Jackal) e Andrea Di Maria (Casa Surace).

7 ore per farti innamorare

Quando si parla di commedia, in Italia, si palesa un immenso mercato di pellicole e prodotti seriali (web e televisivi). Diversa è la situazione per il “sottogenere” (soltanto formalmente, poiché risulta impossibile dubitare della nobiltà di questa categoria) della commedia romantica. Se già in passato si era discusso dell’impossibilità di una rom-com italiana, il dibattito ad oggi sembra non trovare traiettorie migliori. La nostra esperienza di spettatori ci porta a estraniarci quando un prodotto segue dettami geograficamente e culturalmente distanti dalla nostra realtà. E questo è quello che succede nel film di Morelli: un soggetto che sembra non attenersi alla realtà geografica dentro cui è radicato ma che piuttosto sembra strizzare l’occhio a una verità possibile esclusivamente oltre oceano.

A non agevolare, c’è il marcato utilizzo dei cliché della rom-com. Non condannabile, certo, se non fosse che si barcamena tra il poco originale e il tremendamente scontato e banale. Tuttavia 7 ore per farti innamorare non può essere trascurabile, per lo stesso aspetto. Il fatto che il nostro cinema si stia aprendo alla commedia romantica (molte le produzioni che con questo genere ci accompagneranno in questo e nel prossimo anno) trattandola, anche e soprattutto a livello di marketing (questo film e la sua pubblicità ne sono un esempio), come un filone sul quale puntare, defilandoci dal criminal e dalla commedia grottesca e/o cinepanettoniana, fa ben sperare. Centralizzare il genere permetterà agli autori di abbattere le loro reticenze e di proporre sempre più nuovi soggetti del genere. Consecutivamente, almeno questo è l’augurio, anche il Bel Paese potrà raggiungere una sua dimensione ideale, qualitativa soprattutto, nella rom-com.

Insomma, tutto da costruire. Sempre. Far emergere dalle macerie di un quartiere mai concluso delle brillanti architetture che, passassero anche millenni, chiunque ci passi di fronte sia portato a guardarle con stupore, con ammirazione. Senza mai rimpiangere di non essere passato dal quartiere a fianco, o quello che sta al di là del fiume.

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