L’appuntamento, la recensione: una drammaturgia vincente

L'appuntamento, recensione del film di Teona Mitevska

I traumi somigliano a quei giochi a cui tenevamo tantissimo in tenera età: ci vengono strappati, li dimentichiamo nell’ultimo cassetto, quello mai spolverato, e crediamo di essercene liberati per sempre. Ma a volte ritornano, piuttosto bruscamente. Asja (Jelena Kordic Kuret) ha vissuto un trauma, e crede di esserne uscita trionfatrice, ma scoprirà ben presto di doverlo ancora affrontare in uno scontro all’ultimo perdono. L’appuntamento (trailer), di Teona Strugar Mitevska – la stessa regista del piccolo gioiellino Dio è donna e si chiama Petrunya, presentato al Festival di Berlino nel 2019 – parla di un gruppo eterogeneo di abitanti bosniaci che si ritrova in una stanza d’albergo per partecipare ad uno speed dating.

Asja, gravemente ferita all’eta di diciassettenne anni da un proiettile nemico durante la guerra tra Bosnia ed Erzegovina, porta dentro di sé un dolore pungente, che le impedisce di vivere felicemente. Il suo corteggiatore è Zoran, banchiere quarantenne dall’aria cupa e malinconica, scarsamente interessato ai giochi organizzati dalle due moderatrici. Durante alcuni primi scambi, Asja scoprirà la vera identità del suo misterioso corteggiatore: è lui ad averle sparato durante l’assedio di Sarajevo del 1993, ferendola brutalmente. Il doloroso confronto fra i due permetterà di risanare ferite ancora aperte, sfruttando l’arma più potente che ci sia, quella del perdono. Un percorso formativo all’insegna dell’assoluzione e del confronto.

Il perfetto funzionamento della macchina drammaturgica si deve ad alcuni aspetti formali e non che accompagnano la spirale discensionale della protagonista. Sin dalle primissime immagini, lo spettatore è risucchiato in un immaginario alieno, scosso da tensioni e conflittualità sottese ma palpapili. La macchina da presa rincorre Asja attraverso inquadrature atipiche, non frontali. La vediamo di spalle, scorgiamo il biondo della sua capigliatura: la narrazione la insegue, e noi inseguiamo lei. 

L'appuntamento, la recensione del film di Mitevska

Intorno al tredicesimo minuto, si palesa riflessa in uno specchio: l’ingresso nel suo mondo straordinario – situato in un luogo arcano, reso tale da particolari scelte cromatiche e sonore – avvinghia lo spettatore, trascinandolo in una dimensione narrativa claustrofobica e ansimante. L’unità di tempo e luogo incatena lo sguardo spettatoriale, paralizzandolo per tutta la durata dell’opera. La costruzione ritmica dei dialoghi incrementa l’immersività dello spettatore all’interno dell’universo narrativo: Asja e il suo corteggiatore, Zoran (Adnan Omerovic), discutono in modo serrato e incalzante nel tentativo di conoscersi vicendevolmente, impedendo allo spettatore di distogliere l’attenzione da una conversazione concitata.

La diegesi alterna momenti di estremo surriscaldamento dell’azione drammatica ad altri di distensione, permettendo al suo pubblico di metabolizzare il peso degli eventi. Il vortice narrativo è tale da avere la sensazione di respirare quando Asja si reca nel cortile antistante la camera d’albergo dove l’azione si svolge. La struttura della macchina drammaturgica alimenta un forte coinvolgimento spettatoriale, accompagnando la protagonista lungo un percorso esplorativo doloroso. Un roller coaster emotivo senza via d’uscita, suggerito da una dimensione sonora estremamente realistica, fatta di respiri ansimanti e rumori ambientali di ogni sorta

Il fatal flaw di Asja si converte in un tentativo di esorcizzare il dolore con il perdono. Il processo di rinnovamento interiore la trasporta in un altrove che credeva perduto, quello della spensieratezza adolescenziale: Asja si lascia andare ad un ballo sfrenato con giovani diciassettenni, quasi a voler recuperare ciò di cui la guerra e il suo carnefice l’avevano privata. È la seconda volta che ascoltiamo delle musiche durante tutto l’arco del film. La purificazione catartica, verso la quale lo spettatore ha accompagnato i due protagonisti, tenendoli per mano, chiude il cerchio, quella spirale discensionale che ora può dirsi risolta. Lo spettatore è un po’ il mentore esterno di questa storia, un accompagnatore silenzioso, ma intimamente coinvolto. 

L’appuntamento è al cinema dal 6 aprile.

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