#JFFP: Lady Maiko di Masayuki Suo

Lady Maiko Japan Film Festival Plus

In Giappone, nella regione del Kansai e nella prefettura di Kyoto si usa il nome Maiko per definire un’apprendista Geisha. La formazione che precede la crescita e la conquista dell’autonomia dalle Okiya (scuole tradizionali di arte, canto ed intrattenimento) dura anni ed in pratica tutta la giovinezza. Una maiko, una volta divenuta donna, si prepara ad abbandonare il suo kimono tradizionale per passare alle stoffe destinate alle geishe.

Attualmente il percorso artistico di una geisha è sostenuto dal governo giapponese con un fondo speciale per la preservazione di quest’arte tradizionale. Contrariamente al pensiero comune le geishe non sono prostitute o almeno non lo sono le geishe bianche, le uniche riconosciute dallo Stato e legalmente autorizzate ad esercitare il mestiere di artista intrattenitrice. La differenza, sottile e raffinata, fra una geisha ufficiale ed una prostitta si stabilisce nel trucco e nel modo di vestire il kimono tradizionale oltre per il modello comportamentale: il kimono delle geishe illegali può essere ormai trovato solo nei musei o nei reparti costumi dei film di genere giapponesi.

Naturalmente il mestiere di geisha è ormai un’espressione della tradizione e dell’artigianato che tende a svanire e trovare ragazze desiderose di fare questo lavoro per tutta la vita è sempre più difficile. Eppure proprio grazie al successo commerciale del musical Lady Maiko (trailer) le pretendenti a questa forma d’arte in Giappone sono leggermente aumentate. Il regista Masayuki Suo è noto per aver diretto nel 1996 il blockbuster Shall we dance, uno dei più grandi successi giapponesi degli anni ’90, da cui è stato poi tratto nel 2004 il famoso remake americano di Peter Chelsom con Richard Gere, Susan Sarandon e Jennifer Lopez.

Nel 2014 Masayuki Suo torna al musical con questa deliziosa commedia romantica e di formazione in cui una grezza ragazza di campagna cerca con tutte le sue forze di diventare una maiko per poter un giorno evolvere allo stato di geisha come fu sua madre. Nel ruolo principale troviamo la fresca e briosa Mone Kamishiraishi che per questo film ha ottenuto il prestigioso Japan Accademy Award come miglior esordiente. Mone Kamishiraishi alterna la sua recitazione fluida in dialetto di Kyoto a momenti impacciati e con una sintassi del tutto sgrammaticata da ragazza di campagna che contrastano piacevolmente con i segmenti cantati extradiegetici in cui esplode tutta la sua capacità vocale e la sua perfetta pronuncia tipica di Tokyo, non è certo facile per una giovane attrice dover saltare da un dialetto all’altro e la brava interprete riesce nella difficle impresa con una straordinaria naturalezza.

Intorno all’incredibile esordiente si alternano veri giganti del cinema giapponese come le favolose Sumiko Fuji (icona dei drammi televisivi giapponesi e famosa doppiatrice di anime) e Tamiyo Kusakari, star assoluta del cinema giapponese che interpreta il ruolo di mentore della giovane maiko. Di lei va evidenziato che il tema del passaggio di testamento con la giovane apprendista è accentuato dal fatto che la Kusakari vinse il Japan Academy Award proprio come miglior attrice protagonista per Shall we dance di Suo, quindi il rapporto di ruolo diegetico si ripete pienamente nella relazione extradiegetica fra le due artiste. Meritano uno spazio di considerazione anche due fantastici attori maschi: Satoshi Tsumabuki, visto anche in The Fast and the Furious: Tokyo Drift, che interpreta in sostanza il pigmalione di Mone Kamishiraishi ed il fantastico Ittoku Kishibe, con più di 120 film alle spalle con registi del calibro di Itami Juzo, Kitano Takeshi e Tsukamoto Shinya.

Lady Maiko alterna momenti da commedia romantica a raffinate rielaborazioni di sequenze tradizionali Kabuki con delle inaspettate esplosioni di musical pop dalla chiara scuola americana, il tutto impreziosito da divertenti omaggi al classico americano My Far lady.

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