La terra delle donne, la recensione: la strega e la fanciulla

La terra delle donne film di Marisa Vallone

Non capita tutti i giorni di imbattersi in film che raccontano il rapporto, vivo tutt’oggi e quasi paradossale, fra il paganesimo e la cristianità della Sardegna. Alla regia de La terra delle donne (trailer) troviamo Marisa Vallone, che si cimenta per la prima volta nella regia di un lungometraggio. La scrittura invece è affidata a Paola Sini, che si presta anche nel ruolo da protagonista nei panni di Fidene.

La terra delle donne è una pellicola ambientata nelle campagne sarde, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, dove Fidene, settima figlia in una famiglia dove sono nate sei femmine, è costretta ad una vita da emarginata in quanto, secondo le credenze popolari, la settima sarà inevitabilmente una coga, cioè una strega. La sua vita cambierà totalmente con l’arrivo di Bastiana, la giovane Syama Rayner: settima figlia avuta a seguito di un tradimento della madre con un soldato americano, pensando che il marito fosse morto in guerra, verrà adottata da Fidene stessa che la crescerà come figlia sua. Agli antipodi invece troviamo Marianna, interpretata da Valentina Lodovini, la sesta sorella amata da tutta la famiglia, ma incapace di procreare e quindi maritarsi. Fatto che la porta per anni fuori dalla terra natia, alla ricerca disperata di una soluzione per questa ossessione incontrollabile, causata, così come per Fidene nell’essere una strega, dalla madre e dai compaesani, che svolgono un ruolo esterno ma decisivo all’interno di tutta la storia, richiamando inevitabilmente alla memoria le scritture verghiane.

La terra delle donne film di Marisa Vallone

Unito ad un cast particolarmente interessante, dove troviamo ad esempio Alessandro Haber nei panni di Don Marcello, o Hal Yamanouchi meglio ricordato in Wolverine – L’immortale nel ruolo del villain Ichirō Yashida (Silver Samurai) e come doppiatore storico di Ken Watanabe, La terra delle donne è un film che si propone con una buona tecnica di ripresa, anche se un po’ troppo documentaristica in alcune sequenze, ed una fotografia decisamente curata che sicuramente valorizza l’intera messa in scena. Nota a parte invece merita la scrittura, leggermente didascalica e in generale molto semplice. Sicuramente l’intento è stato quello di favorire l’immagine, che rimane, per la maggior parte del film, un piacere per gli occhi.

La nota positiva dell’opera è però, molto probabilmente, la moltitudine di piani narrativi su cui si basa il racconto: è una storia di emancipazione femminile, ma anche un ritratto piuttosto fedele della vita contadina, che arriva a toccare anche il tema della maternità che ruota vorticosamente attorno alle vicende delle due sorelle. Il lato mistico viene trattato con molto rispetto; seppur mantenendo un particolare senso di accettazione dei rituali da parte di tutti gli paesani, non ci si aspetti di vedere incantesimi o possessioni sull’impronta di quello che è sotto certi versi un lavoro molto simile, ossia The VVitch di Robert Eggers, con cui è possibile fare molte analogie sia narrativamente parlando che sulla ricerca della lingua e delle leggende popolari. I riti, piuttosto che richiamare forze demoniache o esoterismi vari, si limitano ad essere una sorta di medium fra la natura e la protagonista, che sostanzialmente svolge il ruolo di medico/alchimista utilizzando erbe e intrugli per aiutare le persone.

Per concludere, La terra delle donne è un debutto interessante e ben articolato. Non sarà un lavoro perfetto, ma sicuramente gode di una messa in scena di valore, che potrà sicuramente essere un buon biglietto da visita per i lavori futuri della regista.

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