#FKFF22: In Our Day, la recensione del film di Hong Sang-soo

in pur day, la recensione del film

C’è un interessante profilo su Instagram, vita lenta, dove vengono raccolte testimonianze di gesti tranquilli, quotidiani e, come recita la descrizione della pagina, « che celebrano gli umani e la semplicità, così com’è ». Anziani seduti su seggiole di plastica nei vicoli di Monopoli, una donna che legge un libro mentre passeggia in mare, bambini che giocano o un uomo che sonnecchia all’ombra di un albero; è impossibile non (ri)vederci la genuinità respirata nel cinema di Hong Sang-soo. In Our Day (trailer) celebra la linearità, talvolta ovvia e banale, del vivere, con due storie che si alternano senza mai incontrarsi, e che scrutiamo come una videocamera di sorveglianza attraverso delicate panoramiche e brevi zoom, necessari a chiarificare la visione.

Mentre un’attrice vive a casa di un’amica e il suo micio, raggiunte poi da un’altra ragazza desiderosa di intraprendere il percorso attoriale, in una diversa abitazione (vicina? Forse più lontana di quanto possiamo immaginare? O perché no, entrambe contemporaneamente), un anziano poeta che combatte il vizio dell’alcool e delle sigarette, passa la giornata con una giovane che vuole realizzare un documentario su di lui, e con un ammiratore. Sono “solo” persone sedute attorno a un tavolo, che si guardano, si raccontano, poi giocano a sasso, carta, forbici. Piccoli ma significativi attimi di tristezza e paura, come il gatto che non si trova, o istanti di momentanea gioia, come la scoperta della birra analcolica. E i continui rumori di fondo accompagnano il flusso, collocandolo in un contesto ancora più tipico e conosciuto.

Se unissimo tutti i film del regista uno all’altro ci ritroveremo con un social network di situazioni e momenti giornalieri, anche se semplici, unici e non replicabili. Hong Sang-soo fissa nel tempo le storie come fossero un archivio, una memoria. È un cinema della verità, o meglio che cerca la verità, dove nessuna parola è fuori luogo, e ogni elemento, che sia oggetto, animale o persona, ha una propria valenza significativa. In Our Day è uno scambio di idee e punti di vista tra generazioni: ci sono i più giovani pieni di dubbi e incuriositi dai più anziani, che sono i detentori di saggezza, apparentemente sicuri, in realtà incoerenti.

E in tempi brevi il film finisce (ma è davvero un film?) e riceviamo una ventata di libertà assoluta. Forse questo cinema artigianale, unico ed essenziale (ed esistenziale), lontano da qualsiasi logica d’industria, è fatto per chi vuole viverlo. Non è abbastanza? Ma se ci fosse un legame tra i due racconti? Anche solo un rapporto di parentela nascosto; una delle tre ragazze potrebbe essere la figlia, solo nominata, del poeta. Ma abbiamo imparato che « cercare un significato è vigliaccheria. L’importante è che la vita va avanti, quindi non preoccupiamoci ».

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