Ironico e intelligente, furbo e spavaldo, immediatamente riconoscibile a causa della frusta e dell’immancabile cappello Fedora, Indiana Jones sembrava destinato a imprimersi nella memoria collettiva fin da quando, ormai quarant’anni fa, il personaggio muoveva i suoi primi passi sul set del film I predatori dell’arca perduta (trailer).
Le avventure di Indy, infatti, esordirono nei cinema americani il 12 giugno 1981, ma la sua storia era già iniziata quattro anni prima, nel maggio del 1977, quando un giovane George Lucas, reduce dalle riprese di Star Wars, decise di prendersi una vacanza su una spiaggia hawaiana assieme all’amico e collega Steven Spielberg, la cui ultima fatica, Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), era uscita in sala proprio quell’anno. Fu in quel periodo di relativa tranquillità che i due registi decisero di recuperare una vecchia idea di Lucas, che già dal 1973 progettava di mettere in cantiere un film di avventura dal titolo Le avventure di Indiana Smith, che avrebbe fatto eco ai serial cinematografici degli anni ‘30 e ‘40 prodotti dalla Republic Pictures. A quest’iniziativa Spielberg avrebbe ben presto aggiunto delle sfumature alla James Bond, personaggio molto caro al regista, il quale in più interviste ha dichiarato di aver sempre voluto dirigere un film di 007.
Al duo si aggiunse ben presto Lawrence Kasdan, la cui sceneggiatura del film Chiamami aquila (1981) aveva particolarmente impressionato Spielberg. I tre trascorsero cinque giorni lavorando giorno e notte per sviluppare la trama di base del film. Fu durante la realizzazione di questa prima bozza che Spielberg suggerì di cambiare il cognome di Indiana Smith, dicendo che Indiana Jones alle sue orecchie suonava molto più naturale. Sei mesi dopo la sceneggiatura definitiva era ormai pronta e ebbe inizio il difficile casting che avrebbe portato Harrison Ford a vestire i panni del personaggio. Lucas, in realtà, aveva già lavorato con l’attore sul set di Star Wars e non era entusiasta all’idea di coinvolgerlo nuovamente in un suo film, temendo che la loro partnership sarebbe diventata una costante nel suo lavoro, un po’ com’era già successo a Martin Scorsese e Robert De Niro.
Il casting director, Mike Fenton, propose allora Jeff Bridges, ma la moglie di Lucas, Marcia, suggerì che la parte sarebbe stata perfetta per Tom Selleck. Sfortunatamente l’attore fu costretto a rifiutare a causa dei suoi impegni con la serie Magnum, P.I., di cui aveva appena girato l’episodio pilota, i cui ascolti erano stati talmente promettenti da portare la CBS a rifiutarsi di concedergli una pausa che gli permettesse di dedicarsi appieno al progetto di Lucas e Spielberg. L’inizio delle riprese avrebbe avuto luogo a sole tre settimane di distanza e la pressione fu tanta da spingere Lucas a cedere e assegnare la parte a Harrison Ford.
Il 12 giugno 1981 venne presentato al pubblico I predatori dell’arca perduta. E il resto, come si suol dire, è storia: il film fu un successo al botteghino, confermandosi ben presto come il maggior incasso dell’anno e guadagnando venti volte il suo budget. Su un totale di nove candidature ai premi Oscar, la pellicola se ne aggiudicò cinque, convincendo la produzione a dare il via a una saga che ad oggi è in attesa dell’uscita del suo quinto capitolo.
I predatori dell’arca perduta è uno dei film d’avventura più emozionanti mai realizzati, in grado di soddisfare ogni tipo di spettatore. È difficile credere che il tutto sia partito dal semplice desiderio di Lucas e Spielberg di omaggiare e in un certo senso riproporre, in una nuova veste, i film che li avevano cresciuti. Non è un caso, infatti, che la storia abbia inizio proprio negli anni in cui quelle pellicole erano ambientate, più precisamente nel 1936, quando il governo americano recluta il famoso archeologo Indiana Jones per trovare l’Arca perduta prima che lo facciano i nazisti.
Lucas scompose la storia in sessanta scene, divise da sei cliffhanger, sei pericoli che si sarebbero presentati ogni venti pagine circa. Come nei vecchi serial, infatti, Indiana Jones avrebbe dovuto fronteggiare, una dopo l’altra, le situazioni più disparate, dai nazisti alle trappole esplosive, dai serpenti ai dardi velenosi, superando ogni ostacolo solo grazie alla propria intelligenza.
Fin da subito Lucas aveva immaginato il suo Indiana Jones usare l’iconica frusta, arma che dopo Zorro era stata utilizzata pochissimo al cinema. Ford si allenò per settimane per imparare a maneggiarla, grazie anche all’aiuto dello stuntman Glenn Randall, e divenne così abile che, all’inizio delle riprese, si decise di aumentare il numero delle scene che lo avrebbero visto usare la frusta.
E quella non sarebbe stata certo l’ultima volta che Ford avrebbe sorpreso la produzione volendo fare di testa sua. In quella che forse è la scena più iconica del film, quando Indy è costretto a fuggire da un enorme masso rotolante, Ford pensò che sarebbe stato più efficace se a girare la scena fosse stato lui in persona e non la sua controfigura, cosicché il pubblico potesse vedere il volto dell’eroe e immedesimarsi di più con lui durante la fuga. Randall era rimasto talmente colpito dalla testardaggine di Ford nel voler imparare a usare la frusta che suggerì a Spielberg di lasciarlo provare. La scena venne girata da cinque diverse angolazioni, ognuna eseguita separatamente, ognuna ripetuta per due volte, portando Ford ad eseguire l’impresa per ben dieci volte in totale. In seguito Spielberg, ripensando a quelle riprese, dichiarò che l’idea di lasciarlo provare fu folle e che probabilmente avrebbe dovuto impedirglielo, ma Ford riuscì sempre a cavarsela egregiamente.
Le riprese durarono settantatré giorni e richiesero un paio di mesi di post-produzione. Il primo montaggio realizzato da Spielberg aveva una durata di circa tre ore, che, con l’aiuto del montatore Michael Kahn, furono ridotte a meno di due. Quando Spielberg completò la sua prima versione del film, la consegnò a Lucas affinché potesse esaminarla di persona. La mattina dopo Lucas chiamò Spielberg e gli disse: «I’ve got to tell you, you’re really a good director». I complimenti non mancarono neanche dall’altra parte; alla fine delle riprese, infatti, Spielberg dichiarò durante un’intervista: «Lucas was to me what David O. Selznick was to his directors on Gone With The Wind. I respect his comments totally. Raiders proved that two people can make a movie together and remain friends».
I predatori dell’arca perduta fu un successo non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Al festival del cinema di Venezia il pubblico, di solito sempre molto posato durante le proiezioni, guardando il film si ritrovò a tifare per l’archeologo e a fischiare per i nazisti, quasi in quel cinema fossero seduti dei bambini e non dei giornalisti professionisti.
Il film ebbe ben tre sequel diretti da Spielberg e un quarto è previsto per il 2022. Questa volta, però, dietro la macchina da presa non troveremo il regista che ha accompagnato il personaggio di Indiana Jones fino ad ora, bensì James Mangold, che ha già fatto parlare di sé grazie a pellicole del calibro di Ragazze interrotte (1999), Logan – The Wolverine (2017) e Le Mans ‘66 – La grande sfida (2019). Se ancora oggi si parla di realizzare un nuovo capitolo della saga, nonostante perfino Spielberg, col suo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008), abbia dato evidenti segni di stanchezza, è probabilmente perché è dura lasciar andare un personaggio di tale potenza, che ha segnato la cultura pop degli ultimi quarant’anni ed è probabilmente destinato a lasciare ancora il segno in futuro.
Filmografia di riferimento
Jamie Benning, Raiding the Lost Ark: A Filmumentary, Filmumentaries, 2012
Phillip Schuman, The Making of ‘Raiders of the Lost Ark’, Lucasfilm, Santo Domingo Film & Music Video, 1981