Good Vibes, la recensione: l’esordio di Janet De Nardis

Good Vibes, la recensione del film di Janet De Nardis

Se pensiamo alla Calabria non abbiamo in mente troppe immagini cinematografiche, forse è proprio per questo che l’esordiente Janet De Nardis la sceglie come ambientazione della sua storia. Good Vibes (trailer), film prodotto tra gli altri dalla fondazione Calabria Film Commission, è il frutto di una scrittura a tre mani da parte della stessa De Nardis insieme a Mirko Virgili ed Ersilia Cacace. Con un importante trascorso nella televisione la De Nardis si affaccia alla regia cinematografica con una certa dose di spontaneità e, come da lei affermato, senza conoscere appieno il mezzo, inesperienza che intaccherà più la sceneggiatura che l’uso della macchina da presa.

La trama ruota attorno ad un misterioso telefono, che si presenta in circostanze sempre diverse ai numerosi personaggi del film e permette a ognuno di loro di accedere alle informazioni presenti nel telefono delle persone che hanno vicino. Il protagonista del film non è dunque nessuno dei possessori del telefono ma il telefono stesso, che altro non è se non il veicolo del messaggio della regista. Tutti quelli che riceveranno il telefono avranno l’impellente necessità di usarlo per i propri scopi personali ed entrare nelle vite delle persone che amano o vogliono distruggere, arrivando al prevedibile esito della propria autodistruzione. 

Il messaggio non potrebbe essere più chiaro né l’intento della regista più esplicito, e forse è proprio questo a rendere il film eccessivamente didascalico sin dalle prime battute. Se, infatti, le premesse narrative sono più che avvincenti, lo sviluppo della storia e la resa scenica lasciano a desiderare e fanno pensare a un prodotto immaturo. La struttura a episodi di questo thriller sui generis sembra inizialmente un elemento favorevole alla narrazione ma finisce per creare straniamento dal momento che il passaggio da una storyline all’altra è troppo sbrigativo. Questo però non impedisce alla storia di sortire un certo effetto di suspense caro a molti registi del thriller e di creare attesa e aspettative nello spettatore.

Good Vibes, la recensione del film di Janet De Nardis

Non mancano soluzioni visive e inquadrature ricercate: sembra che la spontaneità di De Nardis, alle prime armi con il mezzo cinematografico, si sia rivelata più proficua nel campo delle riprese e delle immagini in generale. Come afferma anche il produttore del film, Claudio Bucci, parlando della regia di Janet De Nardis, c’è un evidente tocco femminile che permea tutto il film, dal design della scenografia al posizionamento della macchina da presa.

Tuttavia, la cura dell’immagine serve a ben poco se non va di pari passo con una sceneggiatura solida e plausibile, e qui la collaborazione con altri due sceneggiatori sembra non aver contribuito a un esito migliore. I dialoghi sono estremamente caricaturali e stereotipati, aspetto che rende difficile anche ad attori capaci come Caterina Murino, Mimmo Calopresti e Vincent Riotta un’interpretazione realistica ed efficace.

Good Vibes risulta quindi un prodotto acerbo soprattutto nella scrittura, ma con spunti visivi interessanti. Da questo punto di vista risulta vitale l’ambientazione del film nel territorio di Reggio Calabria, poco frequentato dal cinema passato e moderno e quindi decisamente più stimolante per una ricerca scenografica e non solo. Con questo film, Janet De Nardis, munita di quella spontaneità ed esuberanza tipiche del mondo televisivo, fa letteralmente un salto nel vuoto, ma con qualche sbucciatura di troppo approda nell’ambito mondo del cinema.

Al cinema.

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