Foglie al vento, la recensione: manifesto del Cinema Nuovo

Foglie al vento recensione dasscinemag

Facciamo un gioco. Immaginate il vostro autore cinematografico preferito e pescate casualmente un genere. Qualche esempio: un horror scritto da Nora Ephron, qualche battuta brillante in una Manhattan invasa dagli zombie; un film fantascientifico diretto da Pasolini, gli alieni atterrano a Roma nel dopo guerra e iniziano a torturare disgraziati e prostitute; un dramma diretto da Mel Brooks… no, questo forse è troppo. Oppure, ancora, immaginate una rom-com diretta da Aki Kaurismaki. Stiamo parlando di Foglie al vento (trailer), un film talmente unico da sembrare lo scherzo di qualche cinefilo al bar. E magari gli scherzi fossero sempre così belli.

La storia è semplice: due anime sole, Ansa e Holappa, perse nelle loro tragedie lavorative personali, ritrovano il piacere della vita nella presenza dell’altro. Lei salta di mansione in mansione per potersi permettere di sopravvivere, lui fa l’operaio, ma ha un debilitante alcolismo che lo attanaglia. Un bar-karaoke è il luogo del meet-cute, la sfortuna l’antagonista principale. La trama e le premesse sono quelle del più classico dei film romantici americani, ma non dobbiamo dimenticarci che si sta parlando di un grande autore europeo.

Sono vari i fattori che gli concedono grande rilevanza artistica (e che gli hanno permesso di vincere il Premio della Giuria al Festival di Cannes). Primo tra tutti è l’attenzione all’attualità: lo sfondo della situazione proletaria della città di Helsinki e le radio che non smettono di dare notizie sul conflitto in Ucraina ci catapultano non in una realtà tragica, ma quella effettiva dell’oggi. Altra nota di merito è il raffinato umorismo nordico messo in scena. La serietà di questi personaggi, che sembrano pupazzi privi di emozione, nel pronunciare battute taglienti in maniera impassibile non può che far sfociare nella risata il pubblico pagante.

Foglie al vento recensione Dasscinemag

Un altro lato del film che non può essere trascurato è il costante dialogo che crea con la storia del cinema. A partire dalla struttura hollywoodiana, passando a citazioni, più o meno dirette, alla settima arte. Un simpatico siparietto viene a crearsi con l’amico Jim Jarmusch attraverso la proiezione diegetica di un suo film, uno splendido quadro ci viene donato ricreando un bellissimo momento di Tempi Moderni di Chaplin. Più di 100 anni di emozioni in meno di 90 minuti, senza mai scadere nella banalità postmoderna del “citare per citare”.

Per via della sua unicità Foglie al vento è un film per tutti. Il giovane studente si approccia alla filmografia di un maestro. Il disinteressato spettatore si lascia andare alla narrazione romantica. Il manifestante si unisce al grido proletario. L’appassionato ritrova il Kaurismaki che già conosce. L’esteta si incanta ad osservare i colori autunnali. Portate pure un amico in sala, fidatevi che piacerà anche a lui. Questo non significa che sia un accrocco populista, state ben attenti. Siamo davanti a una di quelle opere che ci ricordano perché il cinema è arte. Tante sono le corde emozionali toccate quanti i temi che svegliano la parte cosciente del cervello per farci porre delle domande. Un concerto perfettamente orchestrato tra l’Es e l’Io.

Abbiamo iniziato con un gioco, è giusto finire con un altro gioco. Immaginate un’Italia di sale cinematografiche piene (e che non lo siano per l’ultimo noioso capitolo Marvel). Immaginate che anche i film d’essai abbiano una distribuzione decente. Non fermatevi, immaginate di parlare con un gruppo di amici dell’ultimo film di Kaurismaki e che loro lo abbiano visto. A me questo gioco inizia a piacere parecchio, forse è il caso di provare a renderlo reale. Lottiamo per una rivoluzione apolitica, tutti insieme contro il nemico comune (la banalità stantia dei blockbuster supereroistici). Cinefili di tutto il mondo, unitevi!

Dal 21 dicembre in sala.

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