Emma e il Giaguaro Nero, la recensione: buone intenzioni, tanta retorica

Si dice che alcuni registi tendano a girare sempre lo stesso film. Lo si è detto per Fellini, Bergman ma anche Micheal Bay o Zack Snyder. Questo discorso pare applicabile anche al regista francese Gilles de Maistre, autore dell’odierno Emma e il Giaguaro Nero (trailer). Questo poiché la sua filmografia consta di film come Mia e il Leone Bianco o Il Lupo e il Leone. Il regista è indubbiamente appassionato delle storie con gli animali, oltre che alla potenziale stretta intimità che va a crearsi tra un cucciolo d’uomo e un cucciolo d’animale. Tuttavia, l’ultimo suo film, sebbene creato con le migliori intenzioni, appare tutt’altro che complesso o sfaccettato.

Emma e il Giaguaro Nero è una storia molto semplice, appartenente al genere rodato dei film d’avventura per famiglie. Seguiamo la storia di una ragazza (Lumi Pollack) che ha vissuto la propria giovinezza a stretto contatto con la foresta amazzonica. In particolare trascorrendo molto tempo con Hope, un cucciolo di giaguaro nero, specie di solito diffidente rispetto all’essere umano. Anni dopo, Emma, quindicenne, vive in un habitat ben diverso: la giungla d’acciaio americana. Passando quindi all’esistenza monotona di una teenager occidentale. La sua vita prenderà una piega assai diversa quando scoprirà che una multinazionale, guidata da Doria Dargan (Kelly Hope Taylor), ha intenzione di mandare avanti le sue imprese di bracconaggio in Amazzonia, prendendo di mira proprio Hope, l’ultimo giaguaro nero rimasto in zona. Da qui il viaggio, compiuto dalla ragazza, contro tutto e tutti, per salvare la sua vecchia conoscenza.

Leggendo e rileggendo questa piccola sinossi, pare non esservi nulla di sbagliato. In apparenza sembra una bella storia d’avventura. Una giovane protagonista con un forte desiderio, piena di risorse e una convinzione incredibile, capace di cambiare da sola il complesso mondo degli adulti. Tuttavia, il film e tutti i suoi buoni propositi cadono completamente a pezzi non appena si comincia a osservare il tutto più da vicino. Durante la visione appare evidente come la scrittura generale (i dialoghi, le situazioni o la caratterizzazione dei personaggi) navighi sempre tra infantilismi e svogliature.

Lo stesso intreccio è disseminato di mancanze che vanno dalla semplice ingenuità, o forzatura, a dei veri e propri buchi di trama che minano la credibilità generale della vicenda. L’impressione è infatti di trovarci di fronte ad una storia raccontata da o per un bambino molto piccolo. Dando quindi enfasi a piccoli momenti di pathos, scordandosi però che un film dovrebbe anche tenere in equilibrio coerentemente i vari elementi che lo compongono. Allo stesso modo, molti dei dialoghi sono percorsi da una retorica pesante ed asfissiante. Come se, per chi abbia scritto la storia, sia assai più importante lanciare un messaggio (se pur ampiamente condivisibile) che illustrare tale conflitto in maniera coerente e drammaticamente coinvolgente.

Specchio perfetto di questo problema è la protagonista del film. Appare ovvio come Emma sia non tanto un personaggio con le sue sfumature, le incertezze e i difetti, quanto un tramite per lanciare allo spettatore massime, opinioni ed eventuali biasimi a tema green. Ne risulta un personaggio per nulla empatico, a tratti fin troppo infantile e con un potenziale alla fine mai completamente realizzato. Anche perché questa Pocahontas moderna viene banalizzata e completamente appiattita, con il risultato di detenere la stessa profondità di un meme paternalista postato distrattamente sui social. Allo stesso modo i comprimari, come la giovane professoressa che accompagna la protagonista suo malgrado (Emily Bett Rickards), il padre Emma (Paul Greene), la cattivissima Doria o tutti gli altri personaggi risultano volutamente appiattiti e semplificati. Per così dire personaggi secondari sacrificati all’altare di un messaggio importante.

D’altro canto la colonna sonora, sebbene risulti a tratti ripetitiva e generica, compie il suo lavoro in maniera consona. La fotografia invece presenta talvolta scelte d’inquadratura, di colori o persino di montaggio che destano qualche perplessità. Di fronte a queste minime stranezze, un grande plauso sicuramente va dato alla scelta delle location. Buona parte della vicenda, essendo ambientata nella foresta amazzonica, dà l’opportunità di riprese mozzafiato e campi lunghissimi di indubbio impatto. In tal senso non stupisce sapere che De Maistre ha all’attivo diversi documentari naturalistici. Si può quindi parlare di un lavoro buono, tecnicamente parlando, con qualche sbavatura facilmente dimenticabile.

In conclusione Emma e il Giaguaro Nero è sicuramente frutto di ottimi e sacrosanti presupposti. Di certo dei reminder sugli effetti dell’uomo sulla natura sono necessari e importanti al giorno d’oggi. È anche vero che difficilmente troverete qualcuno apertamente in disaccordo con le idee portate avanti da questo film. Tuttavia, il modo di condurre il discorso risulta tutto fuorché coinvolgente o al passo coi tempi, presentando una retorica che sembra figlia dei cartoni animati ambientalisti degli anni ’90.

Un film che vorrebbe parlare a tutti, a prescindere da genere o fascia d’età, ed essere preso seriamente, non può perdersi in eccessive semplificazioni e picchi retorici di questo tipo. Nel 2024 per portare avanti un messaggio, una visione del mondo forte, in maniera efficace attraverso un film (anche se indirizzato ai più giovani) non ci si può permettere di cadere in simili errori o ingenuità. Altrimenti non bisognerà sorprendersi se tali richieste d’aiuto, per quanto giustificate, possano venire bellamente ignorate da tutti gli altri.

Disponibile al cinema dal 22 Febbraio.

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