Quando si sente una brutta storia di cronaca il primo pensiero è sempre rivolto alla vittima o a chi le sta intorno, in un coro di sarebbe potuto succedere a me. Si teme sempre di essere le vittime, mai nessuno teme di essere il carnefice. Educazione fisica (trailer) ci costringe a fare i conti con la possibilità di trovarci dalla parte sbagliata e ci dimostra come sia complicato rimanere integerrimi quando la brutta storia riguarda te.
Il regista Stefano Cipani mette in una palestra fatiscente quattro genitori molto diversi tra loro, accomunati solo dal fatto che i loro tre figli frequentano la stessa classe. Franco Zucca (Claudio Santamaria) è un ricco agente immobiliare che non fa nulla per nascondere il suo status di benestante. Uno di quei padri che vorrebbero che il figlio fosse il più bravo a giocare a pallone, il più furbo di tutti, praticamente un vincente come lui. Come da clichè ha anche una relazione extraconiugale con Carmen Majano (Raffaella Rea), madre divorziata e ugualmente convocata dalla preside. La donna appare remissiva, molto empatica, ma all’occorrenza sfodera un pragmatismo cinico. Gli altri due genitori coinvolti sono Aldo (Sergio Rubini) e Rossella Stanchi (Angela Finocchiaro), coniugi morigerati e miti, che subiscono l’esuberanza prepotente di Franco, il quale sottolinea spesso la diversità del figlio degli Stanchi, poiché adottato.
Dopo una prima fase di conoscenza reciproca e di ipotesi sul motivo della loro convocazione arriva la preside (Giovanna Mezzogiorno) a fugare ogni dubbio: i loro tre figli hanno commesso un reato gravissimo. Inizia così una danza verbale in cui i genitori tentano di sottrarre i figli alla giustizia, arrivando a minacciare la preside con ogni mezzo possibile. Questa rappresenta lo spettatore, incredula e schifata dall’atteggiamento infimo dei quattro.
L’operazione riuscita del regista è quella di mettere delle personalità diverse nella stessa situazione e lasciare che i personaggi reagiscano alla notizia. Il film è tratto dalla pièce teatrale di Giorgio Scianna La palestra, riadattata per il cinema dai Fratelli D’Innocenzo che hanno mantenuto intatto il concetto di intrappolare i personaggi in un unico ambiente dove (non) avviene tutto. Questo perché, di fatto, l’azione è quasi nulla, è tutto totalmente affidato alla psicologia dei personaggi che non possono aggrapparsi a nient’altro se non agli altri protagonisti. È un film corale, ben orchestrato, dove appena un personaggio perde di energia, arriva un altro a tenere alta la tensione. Questo è stato possibile grazie al cast di primissimo livello che il regista aveva a disposizione.
È un film dalla trama semplice ma che dipana davanti allo spettatore mille domande complesse. La difficoltà sta nel vedere personaggi gretti, interessati solo all’interesse personale e quello del proprio figlio, perché salvare lui equivale a salvare se stessi. Ammettere la colpa significherebbe infrangere il fragile equilibrio che credono di aver costruito nella vita, non rendendosi conto che quella colpa sia già l’espressione di una profonda crisi dei propri figli.
È disarmante constatare che le frasi pronunciate dai quattro sono le stesse che attraversano l’opinione pubblica in casi di cronaca simili, atte a spostare il focus dal colpevole alla vittima, tentando di dimostrare un concorso di colpa becero e infondato. Altro elemento che emerge è il rapporto con l’autorità e l’idea di incarnarla in una preside donna apre altre questioni. Ci si chiede se il comportamento dei quattro sarebbe stato egualmente sfrontato se davanti a loro avessero avuto un uomo.
È un film che tocca molti vulnus della contemporaneità, come il rapporto tra genitori e figli, quello con l’autorità, il pregiudizio che ricade sempre sui più deboli, il senso di responsabilità inesistente, la violenza perpetrata da ragazzi sempre più giovani e l’incapacità di essere oggettivi se viene toccato qualcuno che ci è vicino.
Si esce dalla sala pesanti, con molte domande su temi importanti a cui solitamente cerchiamo di non pensare, perché nessuno ci insegna come si sta dalla parte del torto e forse era proprio questa l’intento del regista.
Nelle sale dal 16 marzo.