#ClassiciSuDisney+: Fantasia (1940)

Fantasia

Sipario. Un quadrato azzurro (rapporto 1:1). L’ombra sproporzionata di un’arpa e di un violino. Un’orchestra ancora spopolata. In sottofondo, Lo schiaccianoci di Čajkovskij. Irrompono le trombe. In sincronia con le immagini, il sonoro introduce gli orchestrali, o meglio, le loro ombre in sovrimpressione, che pian piano si trasformano in silhouette. Fin dai primi venti secondi di Fantasia (film del 1940 presente sulla piattaforma Disney Plus; qui il trailer), immagini e suoni si fanno corpi. Corpi che si fondono in una sinestesia che coinvolge tutti i sensi (non a caso Ejzenstejn, in un saggio dedicato allo stesso Walt Disney, afferma che questo film poteva anche chiamarsi Synesthesia). Dissolvenze incrociate, sovrimpressioni, una sinfonia di nuovi colori (dal rosso al verde, dal giallo al viola) precedono l’entrata in scena di Joseph Deems Taylor, compositore e critico musicale, qui nella veste di Maestro delle Cerimonie.

La camera inizia un lento zoom mentre Deems Taylor, come se fossimo a teatro e in una sorta di “metaopera”, introduce lo spettacolo e dà il benvenuto a nome di Walt Disney, Leopold Stokowski e di tutti gli artisti che hanno contribuito alla creazione di Fantasia, definito come «un nuovo tipo di spettacolo». Definizione accurata, data la sperimentazione che mette in campo sia a livello intellettuale-narrativo, sia dal punto di vista tecnico-sonoro. Il terzo dei Classici Disney (preceduto da Biancaneve e i sette nani e da Pinocchio), infatti, porta in sala il Fantasound. Un esperimento stereofonico, che fa uso della registrazione simultanea e multitraccia, ma anche dell’overdubbing (la sovraincisione). Il tentativo di incorporare lo spettatore all’interno della musica stessa, di creare, come afferma lo stesso Deems Taylor, le stesse immagini che potrebbero venire in mente a uno spettatore che si trova «in una sala di concerto ad ascoltare questa musica».

Tale novità tecnologica, a livello formale, è quindi in perfetta sintonia con la sperimentazione attuata a livello intellettuale e narrativo sulle immagini, che in larga parte si rifà alle avanguardie europee. Tutto questo, se da un lato portò a un flop iniziale per la Disney (si riprese solo con Dumbo l’anno successivo e con l’uscita dello stesso Fantasia in Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale), dall’altro lo ha reso un film visionario con una grandissima portata estetica, capace di unire un pubblico popolare a uno più raffinato in un’unica danzante sinfonia di colori, immagini, suoni, ma anche di storie.

Fantasia

Deems Taylor definisce fin da subito questo film come un adattamento musicale. Si tratta, infatti, di storie e immagini ispirate dalla musica, che si suddivide in tre categorie: «il primo è il genere che racconta una storia precisa; poi c’è il genere che, pur non avendo una trama specifica, dipinge una serie d’immagini più o meno definite; e infine la musica che esiste come fine a se stessa». In questa demarcazione notiamo anche una forte valenza semantica all’interno della storia del cinema stesso: classico, moderno e “d’avanguardia”. Rispetto a quest’ultimo, in particolare sono citati l’Impressionismo («una serie di inquadrature impressionistiche dei musicisti»), l’Astrattismo («raffigurazione di varie immagini astratte […], solo macchie di colore»), il Surrealismo («ombre vaghe») e il Futurismo («figure geometriche che fluttuano nello spazio). Nel descrivere tale forma il Maestro delle Cerimonie parla di «musica assoluta», termine che non solo si ricollega semanticamente all’Opera d’arte assoluta di Wagner, ma che presuppone una forma arrivata al suo ultimo stadio. Una perfezione formale che, vista la sinestesia tra musica e immagine filmica, investe anche l’idea di cinema stesso. Un cinema assoluto, dunque, dove le figure animate, reali o meno, riflettono il ritmo e il timbro della musica stessa.

Un esempio particolare di ciò si può riscontrare nell’Intervallo. Dopo una jam session, che vede l’utilizzo delle tecniche utilizzate all’inizio del lungometraggio, Deems Taylor preannuncia di voler presentare al pubblico un personaggio fondamentale per Fantasia. Un personaggio «importante nell’organizzazione» e che è anche «una vera personalità, il cui particolare talento è spesso dimenticato». Come afferma poco dopo lo stesso Maestro di Cerimonie, si sta parlando della Colonna Sonora, qui antropoformizzata non solo dalla descrizione, ma anche dallo stesso utilizzo visivo, coloristico e sonoro che si ha nella sua presentazione. Infatti, l’onda sonora non solo attua comportamenti “umani” («è timida e schiva»), ma dialoga anche con lo stesso Deems Taylor. Quest’ultimo, sostenendo che ogni suono produca un’immagine diversa, chiede all’onda di imitare diversi strumenti. La forma dell’onda, ma anche colore, a questo punto variano in base al timbro dello strumento stesso, passando da un verde per l’arpa, a un rosso acceso per i timpani.

Tale dinamismo acustico-visivo della stilizzazione della resa sonora di un film, mostra chiaramente la messa in atto della nozione di protoplasmaticità, che lo stesso Ejzenstejn attribuisce all’intera produzione di Disney. Questa caratteristica, a livello di biologia cellulare, è la condizione di quegli organismi che non hanno ancora assunto una forma stabile e che si trovano in uno stato di apertura, che può evolversi in direzioni diverse. Relativamente all’animazione si ha, dunque, un’elasticità e deformabilità della linea di contorno all’ennesima potenza che, tra l’altro, il teorico russo collega alla sovversione di determinate regole ferree della razionalità e dunque al pathos e a quello che definisce “stadio del pensiero sensibile”. La forma e il colore dell’onda sonora sono, infatti, soggetti a continue trasformazioni e a una ritmicità che fa vibrare sincronicamente immagini, suoni e colori.

Fantasia

Fantasia, oltre a essere suddivisa nelle tre categorie musicali sopraelencate, è composta da un programma di sette numeri, escluso l’Intervallo, ognuno dei quali è preceduto da una spiegazione attuata dallo stesso Deems Taylor, che permette di collocare ogni episodio all’interno di una delle tre tipologie di musica/cinema. In ordine troviamo Toccata e fuga in re minore di Bach; Lo schiaccianoci di Čajkovskij; L’apprendista stregone di Paul Dukas, basato sull’omonima ballata del 1797 di Goethe; La sagra della primavera di Stravinskij; Sinfonia n°6 “Pastorale” di Beethoven; Danza delle ore di Amilcare Ponchielli; Una notte sul Monte Calvo di M. P. Musorgiskij e Ave Maria di Schubert, che costituiscono un’unica sequenza.

Per quanto riguarda la categorizzazione a livello musicale/cinematografico emerge subito come la maggior parte degli episodi non appartenga alla “musica assoluta”, ma al «genere che, pur non avendo una trama specifica, dipinge una serie d’immagini più o meno definite». Tale fatto, legato a una lettura più empirica che semiologica (quindi non legata all’enfasi che il termine “assoluto” dà a quella categoria, ma, invece, a un’analisi della durata che questa tipologia di musica/cinema occupa sullo schermo/sulla time line), è interpretabile tramite una contestualizzazione storica, che è stata precedentemente accennata. Siamo nel 1940. È in pieno vigore, negli Stati Uniti, il cinema classico, che però sta aprendo le porte a una nuova tendenza, il noir. È quindi normale che tra un cinema “vecchio”, quello classico, e uno troppo “moderno/visionario”, quello d’avanguardia, Walt Disney decida di puntare sulla via di mezzo. Una via né troppo “azzardata”, ma neanche standardizzata.

La maggior parte degli episodi di Fantasia, dunque, percorrono, sì, una strada sperimentale, ma già tracciata da altri film di quest’epoca, al fine di rivoluzionare il cinema, senza stravolgere troppo un pubblico, che ancora non sarebbe stato pronto ad accettare quella forma finale ipotizzata con “la musica assoluta” (intuizione corretta, visto che, nonostante tale mediazione, il film non fu inizialmente capito da numerosi spettatori di quegli anni).

Fantasia

In conclusione, Fantasia è un’opera che si apre a una lettura profonda, che va oltre il mondo dell’animazione infantile. Una lettura che mette in campo sia aspetti tecnici, sia ideologici, relativi all’idea stessa di cinema. All’idea stessa di un cinema visto come arte. Un’idea portata avanti paradossalmente da una delle industrie cinematografiche destinate a diventare tra le più potenti del settore e che, quindi, dimostra come nel mondo dell’audiovisivo sia di poco valore la demarcazione rigida tra arte e industria, che invece devono compenetrare l’una nell’altra nella creazione di un vero capolavoro.

Fantasia

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