Ottant’anni fa, il 26 novembre 1942, usciva nelle sale di New York uno dei film più acclamati dall’intera storia del cinema: Casablanca. Distribuito e ambientato in un’epoca in cui la libertà di parola e di pensiero erano ridotti all’osso, per i motivi che tutti sappiamo, questo film è stato ed è uno dei capolavori indiscussi di tutti i tempi, che ha influenzato l’immaginario di ogni artista delle generazioni future. Ma cos’è che lo ha reso un monumento indimenticabile? Sicuramente la sua audacia e sagacia nel comunicare il pensiero comune dell’uomo dell’epoca, costretto a soffrire, vivere una vita di stenti e a scappare dalle ideologie prepotenti di un individuo trasformate in dogmi della nazione. Casablanca è diventato icona della critica, della ribellione verso la guerra e la persecuzione, promossa dai suoi protagonisti, combattenti resilienti amanti della libertà.
Questo dramma è ambientato nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, nell’omonima città del Marocco francese della Repubblica di Vichy, al tempo insediata dalla colonia filonazista del governo. Qui ogni residente cerca disperatamente una via di fuga per la libera signora a stelle e strisce, l’America. Tutti tranne uno, Rick Blaine (Humphrey Bogart), un fuggitivo ex contrabbandiere d’armi per la resistenza etiope durante l’invasione italiana del ’35. In questa terra di nessuno ricca di nazionalità miste, il nostro protagonista è il possessore del Rick’s Café Américain, un locale molto acclamato e riconosciuto da entrambe le fazioni per la sua rispettabilità e neutralità politica, come il suo proprietario. Una sera però questo delicato equilibrio viene a mancare, quando nella sua vita entrano in gioco delle lettere di transito, un uomo di nome Victor Laszlo (Paul Henreid), leader della resistenza cecoslovacca scappato da un campo di concentramento, e sua moglie Ilsa Lund (Ingrid Bergman). Si scopre un vecchio amore nascosto tra Rick e Ilsa, concluso malamente un anno prima a Parigi dopo una promessa irrealtizzata. È dunque questo amore, non ancora seppellito, a sciogliere il cuore duro e cinico del locandiere, disposto a perdere tutto, ben oltre se stesso, per riconquistare la felicità.
Casablanca era ed è l’emblema dell’amore, non esclusivamente quello che conosciamo come romantico, ma in egual misura quello libero e senza limiti, per la patria e l’espressione del pensiero. Un amore a doppio taglio, un concetto ambivalente che ha messo il regista, Michael Curtiz, in un posto d’onore nell’Olimpo cinematografico. È questa matassa di sentimenti ad aggrovigliare nel film le vite di tutti i personaggi, dalle personalità uniche e provenienze disparate. A partire dal protagonista, cinico e stoico, per passare alla romantica Ilsa, all’orgoglioso Lazlo, disposto a morire per la causa, fino ad arrivare allo scaltro capitano Louis Renault (Claude Rains). Per ciascuno di loro il cuore e l’amore, declinato nelle sue varie infinite sfaccettature, crea l’unica strada da perseguire, ovvero quella della lotta. Stregua e continua verso ciò che è giusto, questa viene alimentata dalla piccola scintilla della speranza, flebile per quasi tutta la pellicola, ma che poi divampa dopo la scena degli inni. Per contrastare i canti di un manipolo di soldati tedeschi, Victor, e di conseguenza tutta la sala a seguire, iniziano a cantare la marsigliese, facendo risuonare a gran voce lo spirito di libertà, fratellanza e uguaglianza, pilastri della storia francese. Quel piccolo gesto, quel piccolo scontro di cori innesca un grande senso di rivincita nel popolo, insinuandosi come rappresentazione metaforica della conclusione della guerra.
In Casablanca, la tematica della lotta per la libertà di espressione e dell’uomo non riguarda solo la trama, ma anche la sua stessa produzione. La pellicola, ripresa dall’opera teatrale mai rappresentata di Murray Burnett e Joan Alison Everybody Comes to Rick’s, venne prodotta dalla Waner Bros per un ammontare di 1 milione di dollari e girata principalmente negli studios di Burbank (California), con qualche ripresa al Metropolitan Airport di Van Nuys a Los Angeles. Nonostante il grande budget e la casa di produzione che la proteggeva, Casablanca ebbe cospicue complicazioni. La sua sceneggiatura, ad esempio, venne modificata innumerevoli volte a causa dell’incessante censura politica, atta a minimizzare le idee progressiste della società e dei gruppi rivoluzionari contro la propaganda nazifascista. Di conseguenza alla forte stretta repressiva, manipolatoria per qualsiasi cavillo, il film venne scritto giorno per giorno, costruendo pezzo per pezzo la storia struggente e coinvolgente che tutti conosciamo.
Alla trama particolarmente sentita da tutta la produzione, si aggiunse un cast estremamente poliedrico, composto da personalità provenienti da tutto il mondo, profughi della stessa guerra che stavano recitando. Erano loro in primis reduci da un viaggio estenuante, lontano dalle chiamate in guerra e dai rastrellamenti. Dunque, come si può ben capire, al successo di Casablanca contribuirono infiniti fattori. Questo ha comportato per il film, nel suo curriculum storico, innumerevoli riconoscimenti quali otto candidature agli Oscar, di cui tre vinti per Miglior Film, miglior regista e migliore sceneggiatura. È rientrato, inoltre, tra i primi tre posti della lista dei 100 film migliori di sempre, oltre a essere collocato e conservato nella National Film Registry della Biblioteca del Congresso americana. Casablanca è una pellicola di altri tempi, di altri gusti, ma che viene indiscutibilmente riconosciuta come pietra miliare del cinema.