Bob Marley: One Love, la recensione: il cantante che da messaggero diventò un messaggio

Bob Marley: One love, la recensione

Ci troviamo nell’anno 1976 quando Bob Marley decide di esibirsi a Kingston in un concerto gratuito, Smile Jamaica, con l’intento di promuovere la pace tra il Partito Laburista Giamaicano di Edward Seaga e il Partito Nazionale del Popolo di Michael Manley. Tre giorni prima dell’esibizione, mentre si sta esercitando con la sua band, un gruppo armato irrompe sparando a lui, alla moglie Rita ed al suo manager. Così inizia il biopic Bob Marley: One Love (trailer) diretto da Reinaldo Marcus Green e interpretato dall’attore Kingsley Ben-Adir, investito della responsabilità di far conoscere al pubblico la personalità e l’attitudine di colui che è diventato il simbolo della musica reggae. L’attore, inizialmente, ha dichiarato di non saper né cantare né suonare la chitarra e di ritenersi dunque “l’uomo sbagliato” per interpretare Bob. Tuttavia, con l’aiuto di lezioni, filmati e interviste, Ben-Adir è riuscito ad immergersi completamente nel ruolo, utilizzando anche lievi protesi al naso, pur di assomigliare il più possibile al cantante.

Il film, a differenza di altri dello stesso genere, non racconta le origini della band The Wailing Wailers -successivamente rinominata Bob Marley & the Wailers– ma, attraverso un vero e proprio “viaggio dell’eroe”, ci mostra il cambiamento intrapreso dal cantautore: dalla rabbia che lo spinge ad esibirsi nel primo concerto, fino al profondo sentimento di pace che lo accompagna in quello di due anni dopo, noto come One Love Peace Concert. Quest’ultimo divenne un evento storico nel quale i due leader politici, su richiesta di Bob Marley, si strinsero la mano sul palco, sancendo così una pubblica pace.

Il Bob Marley messo in scena da Kingsley Ben-Air ci appare un uomo investito di responsabilità politiche verso il suo paese, oltre che una star di fama mondiale. Eppure, non sembra mai perdere se stesso: Bob conserva la sua autenticità profondamente radicata nelle sue origini e, soprattutto, nella sua fede Rastafari. Quest’ultima viene raccontata attraverso il giusto grado di misticismo e viene individuata come motore primario che spinge Bob Marley a produrre dischi. Anche l’elemento della fama viene letto in chiave religiosa, ovvero come uno strumento per diffondere il messaggio del Dio Jah; ciò aggiunge un livello di profondità e di significato al suo percorso artistico, distinguendolo in modo marcato dagli stereotipi comuni legati alla fama nell’industria musicale.

Dopo l’attentato, da cui sia lui che il suo manager e la moglie Rita (Lashana Lynch) riescono a riprendersi, Bob e i the Wailers per sfuggire alle turbolenze politiche della Giamaica, si trasferiscono a Londra, dove ha luogo la genesi dell’album Exodus. Il film, che fino a quel momento ci ha letteralmente investito con la musica di Marley tanto da non lasciare quasi spazio al parlato, ora ci immerge negli studi di registrazione, nel tour europeo della band e mette in luce la serietà e dedizione del cantautore nella scrittura e armonizzazione di testi che mirano a generare un cambiamento non solo sulla situazione socio-politica della Giamaica, ma in tutto il mondo.

La presenza sul set di Ziggy Marley, figlio di Bob e uno dei produttori del biopic, si rivela preziosa in particolare per la caratterizzazione del personaggio di Rita e per l’emulazione delle dinamiche tra lei e il marito. Una delle scene più impattanti è quella del litigio che avviene dopo una festa del tour, dove Rita recrimina a Bob alcune scelte che hanno favorito la sua carriera musicale a scapito della loro vita familiare. Tuttavia, quando Bob scopre di essere malato di cancro, Rita torna a ricoprire il posto al suo fianco: sembra essersi già lasciata alle spalle da tempo ogni rammarico mentre guida il marito verso sentimenti di rinnovata fiducia nel genere umano e di accettazione del proprio destino.

La scena finale va, dunque, a chiudere questa narrazione circolare che è iniziata con il brano War nel concerto Smile Jamaica e termina, due anni dopo, con la creazione di Redemption Song. Vediamo Bob cantare intorno al fuoco, in mezzo ai suoi figli nella loro casa in Giamaica, Rita gli si avvicina e annuncia che l’uomo è finalmente “pronto”, affermazione che può essere letta come la fine del suo viaggio di crescita o anche, dal punto di vista spirituale, come il fatto che Bob è passato da messaggero a messaggio della sua stessa fede. Del One Love Peace Concert vediamo i filmati storici, mentre la musica ci accompagna ancora una volta nella riflessione riguardo l’importanza che quest’uomo, con i suoi testi di pace e la scelta di salire sul palco con questa valenza politica, ha avuto in quel frangente.

Dal 22 febbraio al cinema.

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