Black Panther: Wakanda Forever, la recensione: l’eredità del re

Black Panther: Wakanda Forever, la recensione: l'eredità del re

Il re nobile di Wakanda è morto, la tecnologia e la magia ancestrale delle tradizioni degli antichi non hanno potuto nulla contro la fatalità. Il regno ritorna nelle mani della regina madre che cerca di governare una situazione in bilico fra il dolore del lutto, le minacce esterne sempre più risolute ed una società che senza il suo paladino Black Phanter sembra essere ad un passo dalla caduta. Nel momento più oscuro appare dalle acque un re nemico, che come il re perduto deve il suo potere ad una pianta magica ed un metallo invincibile. Ma il suo non è un saluto, bensì un ultimatum. Con Black Panther: Wakanda Forever (trailer) Ryan Coogler mette in scena quello che ad oggi è il film Disney MCU più drammatico della sua storia, nonché quello con più spazio alla psicologia dei personaggi, alle loro fragilità e con una costruzione dell’elaborazione del lutto mai concessa ad un film del mondo Marvel.

La morte di Chadwick Boseman ha rappresentato non solo la fine della vita di un talento ma anche di un progetto che la Disney e la Marvel avevano sviluppato per durare nel tempo; per non parlare dell’impatto mediatico che ha avuto questa perdita, facendo molto rapidamente dell’attore perduto una vera icona della cultura pop contemporanea. Coogler quindi riparte proprio dall’iconicità del volto di Boseman e fa della perdita dell’eroe il tema dominante del suo racconto cinematografico, costruendo sul vuoto una solida struttura narrativa, un film maturo ed una soluzione narrativa del tutto diversa da qualsiasi film sia stato fino ad ora prodotto in casa Marvel. Alla qualità di una scrittura matura si aggiunge la determinazione di fare dell’opera un simbolo della nuova cultura afroamericana ed un prodotto sopra lo standard cinematografico, che fa del pensiero anticolonialista e della critica storica alle conquiste imperialiste bianche un punto basilare per la comprensione del testo ed un motore credibile per i percorsi interiori dei protagonisti.

Se da una parte il progetto deve riscrivere la mitologia di Black Panther dovendosi adeguare alla perdita extradiegetica e sviluppando così un film, un personaggio (ora passato a Letitia Wright) ed un mondo che devono per riflesso adeguarsi al lutto e trovare un nuovo equilibrio, dall’altra agli sceneggiatori spetta il compito di dover riscrivere il mito del personaggio dei fumetti Namor (Tenoch Huerta). Nato nel 1939 ed originariamente bianco, Namor è da sempre raccontato come un atlantideo ambizioso ed arrogante che odia l’umanità per lo sfruttamento del mare e si pone, da tradizionale villain degli anni ’30, come arrogante teorico di una razza superiore a cui ritiene di appartenere. Nella nuova versione il regno di Namor è frutto delle violenze ispaniche colonialiste e lui come il suo popolo non sono altro che Maya sfuggiti al massacro e divenuti i fondatori dell’Atlantide del mondo Marvel. Il personaggio è molto più ricco e sfaccettato rispetto a quello dei fumetti e le sue nuove origini lo rendono interessante ed innovativo. Così le due più potenti nazioni al mondo sono in realtà segrete e frutto delle mostruosità prodotte dell’avidità dell’Occidente bianco.

Ai personaggi visti nel primo film stand alone di Black Panther viene concesso di crescere, di subire perdite e umiliazioni che ne arricchiscono la natura e lo spessore psicologico. Forse l’unica figura che lascia perplessi è quella di Ironheart (Dominique Thorne), futura protagonista di una serie Disney+ sul sottofilone di Iron Man. Un personaggio che sembra appiccicato alla peggio al resto della storia e stona quasi sempre con il contesto narrativo. Per non parlare di quanto sia brutta l’armatura con cui affronta il finale: se la figura di Ironheart sembra del tutto buttata dentro dal punto di vista della sceneggiatura, la sua immagine estetica è completamente incoerente con l’ambiente e graficamente fuori posto con il resto del film.

Black Panther: Wakanda Forever ha una resa spettacolare di notevole livello e se ne consiglia la visione al cinema piuttosto che in streaming: Trattandosi di uno dei film più seri e ben drammatizzati dell’MCU merita il rispetto di una visione sul grande schermo. Da menzionare il valente contributo di Angela Bassett e la colonna sonora di Ludwig Göransson, con una selezione di alcune canzoni molto interessanti e bene integrate.

Black Panther: Wakanda Forever è al cinema dal 9 novembre.

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