Ballo Ballo, la recensione del musical su Amazon Prime Video

Ballo Ballo

A ottobre del 2018 diversi articoli hanno parlato di un evento a primo impatto inusuale. Raffaella Carrà, al secolo Raffaella Pelloni, riceveva un’onorificenza al merito civile dal re di Spagna Felipe VI. Più recentemente, a novembre del 2020, sul periodico inglese The Guardian la soubrette nostrana veniva definita “the pop star who taught Europe the joy of sex” – la pop star che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso.

Per chi non ha seguito la vicenda queste informazioni sfiorano il parodistico ma bisogna fare un passetto indietro nella storia. Nel 1976, a meno di un anno dalla morte di Francisco Franco, Raffaella Carrà approda sulla televisione nazionale spagnola con il programma “La hora de Raffaella”. L’idea era un’ora d’intrattenimento composto da balli in abiti succinti e luccicanti, ombelico in bella vista e canzoni con neanche troppo velate allusioni sessuali. In poco tempo diventa un idolo femminista e un simbolo dell’antifranchismo cattolico e bigotto.

Ballo Ballo (trailer) è ambientato in quello che potrebbe essere il dietro le quinte di quel programma che l’ha resa famosa in tutta la penisola iberica. È il 1975: Maria (Ingrid García-Jonsson) è una giovane spagnola, tornata a Madrid dopo aver lasciato all’altare il suo fidanzato italiano (Giuseppe Maggi). Grazie a una serie di fortuiti eventi riesce a realizzare un sogno d’infanzia mai abbandonato: ballare. Viene infatti scovata dal regista di “Las noches de Rosa”, ed entra a far parte del corpo di ballo del programma televisivo.

Parallelamente inizia una relazione con il bel Pablo (Fernando Guallar), che gestisce insieme al padre l’ ufficio della censura del programma. È proprio il padre Caledonio, ultimo baluardo della mentalità franchista, che impedirà più volte a Maria e alle sue compagne di vestirsi e ballare liberamente, quasi ossessionato dalla crociata di mantenere la televisione pubblica decorosa. Questi conflitti d’interessi provocheranno non pochi problemi alla vita professionale e personale di Maria…


Tutta la storia è supportata e direzionata dagli intermezzi musicali delle canzoni della stessa Carrà, reinterpretati dai vari personaggi all’interno del film. La trama è semplice e abbastanza intuitiva, priva di grandi colpi di scena. Ogni tanto il messaggio di liberazione sessuale e artistica (il desiderio portato avanti dalla protagonista di ballare senza freni né inibizioni) si perde dietro i soliti cliché del genere ma alla fine è abbastanza inevitabile e glielo si perdona. Non si sta guardando un capolavoro o un film ricercato, ma un musical allegro e spensierato che porta con sé anche una piccolissima fetta di storia spagnola. Una fiaba semplice, che però racconta la fine simbolica una dittatura che per trentasei anni ha plasmato il modo di pensare, vivere e agire di un paese. L’ambientazione, nel suo complesso, è divertente, colorata e rimanda a quella visione patinata che gli spagnoli amano tanto dare alle commedie ambientate negli anni ’70 e ’80.

Se sei un amante dei musical, se ti piacciono le frizzanti commedie spagnole con Carmen Machi, se ti sei goduto l’Alex de la Iglesa e il Pedro Almodovar più leggeri e parodistici (Gli amanti passeggeri, Mi Gran Noche) questo film fa per te: magari un giovedì sera con una bella pizza e una buona compagnia. Se invece la commedia musicale non è il tuo forte e le ambientazioni pastello a tratti forzate e melense non sono il tuo genere questo non sarà il film che ti farà cambiare idea.

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