#RomaFF17: Armageddon Time, la recensione del nuovo film di James Grey

Armaggeddon Time la recensione del nuovo film di James Grey

Armageddon Time (trailer) è L’ ultimo film di James Grey, in concorso già nell’ultima edizione del festival di Cannes, è stato presentato ad Alice nella città. La pellicola presenta un cast stellare, formato da Anthony Hopkins, Anne Hathaway, Jessica Chastain che risulta centrato ed inserito perfettamente nel progetto. A vederlo superficialmente il film si mostra, in questo modo, come un racconto di formazione che viene esposto con uno stile registico molto lineare e classico riportandoci ad un’eleganza originale, che si discosta dalla moda artistica degli ultimi tempi. Risulta retrò, quasi esterno allo scenario contemporaneo, inserendocisi in questo in modo lento, estremamente freddo e distaccato e raccontandoci la situazione di un paese, l’America, che viene visto da tutti come la terra della libertà e delle opportunità, ma che nella realtà dei fatti non lo è, ancora.

Armageddon Time si presenta, così, come uno spaccato sociale, culturale e politico che racconta il clima degli anni ’80 attraverso la visione di un adolescente in crescita. Attraverso rapporti sociali e culturali ci viene presentato il quadro storico, omaggiando l’arte, la cultura, la politica e la vita. Il cambiamento sociale e culturale viene riscritto dall’interiorità di un ragazzo che ci accompagna nella sua storia mostrandoci l’imperfezione e la mancanza. Attraverso le sue relazioni sociali, giostrate magicamente tra rapporti familiari opprimenti e limitanti ed amicizie sconnesse e disorientanti, vediamo trainati i temi di fondo della pellicola: il coming of age, il razzismo e il cambio generazionale. Ed è proprio su quest’ultimo che si vede un focus incentrato su un cambio di guardia, un vecchio che lascia spazio al nuovo per avere una luce diversa ed una diversa situazione. Un cambiamento necessario che viene espresso tramite la figura dei nonni, in un modo tenero e dolcemente strutturato.

Armageddon Time racconta tutto questo, ma purtroppo lo fa in un modo scollegato, appiattito e incoerente non fornendo nessuna linea precisa a cui aggrapparsi, ma creando un miscuglio di più temi ed argomenti senza mai venirne a capo. I rapporti così vengono svalutati e i personaggi risultano distanti, incompleti, non empatici portando lo spettatore al di fuori della narrazione, senza nessun trasporto emotivo. Il film manca così di pathos, non coinvolge pur avendo delle basi solide. Manca di rilevanza, dimostrandosi incredibilmente lontano dal suo pubblico, non fornendo uno spunto continuo da analizzare e nel quale rispecchiarsi. La pecca più importante della pellicola sta nel ritmo, che si caratterizza costantemente in una lentezza disarmante, facendo sentire il peso della sua durata. 

Armageddon Time appare, così, grigio, spento, inanimato; come la sua fotografia, che rappresenta una vasta gamma di toni scuri e offuscati, senza un motivo narrativo di base ben capibile, che si riallaccia a quel sentimento di delusione nel sogno americano non rappresentandolo, limitandosi soltanto ad esporlo come fosse immobile e immutabile. Le musiche si estraniano parendo quasi una parte a sé stante rispetto al film, non ristabilendo quella accuratezza storica o emozionale di quegli anni. I riferimenti ci sono. Armageddon Time abbraccia il cinema, mostrandoci la sala cinematografica e lo stardom del periodo, la musica, parlando di gruppi come i Beatles utilizzati anche per veicolare i temi di diversità e inclusione, e l’arte presentando mostre e opere esposte in un museo ma il tutto ci appare esterno, non specificato e solamente accennato.

Le interpretazioni alzano un minimo l’asticella della pellicola, rendendo personaggi piatti e poco caratterizzati, vivi anche se estremamente lontani e poco rappresentanti. La regia, inoltre, ci avvicina all’ottica del protagonista con zoom o carrellate, adottando anche espedienti stilistici inusuali e piacevoli, ma lasciandoci comunque con l’amaro in bocca, senza nessun trasporto emotivo. In un clima così sterile, anche il viaggio interiore ed esteriore del protagonista va a perdere di significato, non interessando o educando, ma mostrando solamente un cambiamento apparente che non smuove gli animi e non porta a riflessioni approfondite sui vari argomenti.

Armageddon Time brilla di sostanza, ha un’anima imponente e tanto da raccontare, ma sembra frenato, congelato e non valorizzato. Offre tanti spunti che non vengono colti, ampliandosi ad un quadro troppo generale in cui non ha posto il particolare. Racconta un passaggio di vita, la crescita ed il cambiamento, veicola temi importanti e forti, ma lo fa in un modo esteriore, non andandone a studiare il vero motivo. Nella sua evoluzione il film rappresenta così un potenziale inespresso, un’occasione sprecata. Si sente la mancanza di qualcosa e per quanto, comunque, sia godibile lascia insoddisfatti. Come se fossimo alla continua ricerca di una conclusione ed una risoluzione dei problemi, che, come per il protagonista, non si avrà mai.

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