West Side Story, la recensione del (meraviglioso) film di Steven Spielberg

La recensione di West Side Story, il nuovo film di Steven Spielberg

Ci sono poche cose al mondo (e forse esagero) che lasciano soddisfatti come un buon musical. La musica, il canto e la danza che si uniscono nella resa armoniosa di una narrazione pronta a farci sognare, dove la musica non solo ci accompagna ma ci avvolge e trascina con sè. Quando, però, il buon musical diventa un remake la paura è dietro l’angolo, terrificante e silenziosa, che tale miracolo non possa riproporsi. Invece, West Side Story (trailer) di Steven Spielberg è la prova che qualche forza inspiegabile e benevola su questa terra ci dovrà pur essere, da qualche parte.

La storia è sempre lei, l’America è ancora lei. Due gang che non esistono senza la loro strada, ma che, soprattutto, non esistono se non grazie alla reciproca presenza. I bianchi Jets e i portoricani Sharks, sono ancora in lotta per chi è degno di essere forza regnante dell’isola di Manhattan. La musica di Leonard Bernstein e le parole del tristemente passato a miglior vita Stephen Sondheim, risuonano ancora leggere, passionali, affettuose e violente fra le strade del West Side. Tony (Ansel Elgort), con la sua voce che sembra arrivare da tempi tanto lontani e Maria (Rachel Zegler), caratterizzata dal suo candore, vivranno ancora una volta un amore avvolgente e di shakesperiana memoria.

La recensione di West Side Story, il nuovo film di Steven Spielberg

La storia non ha avuto bisogno di cambiare più di tanto perché l’ambiente in cui nasce è sempre lo stesso: razzismo e violenza sgorgano dallo schermo, come il sudore, le lacrime e il sangue. Manhattan non è più l’idea astratta di linee accennate durante l’ouverture, è diventata macerie e polvere. Le danze, espressione della magra esistenza di questi personaggi, nel bene e nel male, sono disperata unione di corpi per cui la vita non ha avuto tenerezza. Nulla è fermo nel film di Spielberg, tutto si muove sempre, comunque e inesorabilmente. Che siano i Jets, gli Sharks, Tony e Maria o Anita (Ariana DeBose) a ballare, la macchina da presa lo farà con loro.

In una realtà diventata così cinica e così pronta a razionalizzare tutto ciò che accade, abbandonarsi alla nascita di un amore insensatamente profondo per la sua durata, è un balsamo lenitivo per cuori che ultimamente hanno sofferto troppo. Anche se in noi può esserci la consapevolezza che accade tutto troppo in fretta, come sottolinea anche la splendida Valentina (Rita Moreno), West Side Story ha il sapore nostalgico dei grandi film della Hollywood classica. Con la differenza, però, che fa parte del ventunesimo secolo e che si impone nel suo impegno sociale, in modo sottile ed elegante e, talvolta, straziante: non può passare inosservato.

Un musical che emoziona, diverte, intrattiene e sorprende ma che, sopra ogni cosa, fa riflettere. Un mondo di cui si vorrebbe entrare a far parte solo per goderne più da vicino (purché si possa rimanere privilegiati e incolumi spettatori). West Side Story è desiderio di diventare parte di un tutto, nella sua triste presa di coscienza, nel riscattare l’orgoglio delle proprie origini dando voce a chi viene schiacciato già solo per esistere un confine più in là.    

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