#Venezia80: The Palace, la recensione del film di Roman Polanski

The Palace

Alla vigilia del Capodanno 2000 il Palace Hotel è in fermento. Dall’aspetto di un castello nobiliare, l’albergo fa da crocevia per una élite cosmopolita che approda nelle Alpi svizzere per festeggiare il volgere dell’anno. Sarà l’aria frizzante, sarà la psicosi del Millennium bug, ma ogni ospite dell’hotel sembra partecipare ad un’atmosfera stravagante e fuori controllo che trascinerà gli eventi in una spirale dell’assurdo. Sono queste le premesse di The Palace (trailer), il nuovo film di Roman Polanski presentato Fuori concorso alla 80° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Un simile contesto festivo e bizzarro appare fin da subito quanto di più lontano si potrebbe correlare all’autore, che si sforza di dipingere una società allo stremo, fatta di individui straricchi all’eccesso della caricatura il cui unico obiettivo sembra quello di creare situazioni spiacevoli (tra cui un ormai plasticoso Mickey Rourke). Circostanze alle quali, immancabilmente, sarà il militaresco personale a dover porre rimedio, capitanato dal sempre misurato Hansueli Kopf (Oliver Masucci), ossequioso direttore dell’hotel. Così via alle scenette più improbabili, tra criminali sovietici e modelle svampite, vecchie riccone rifatte ed ex divi del porno, cagnolini dissenterici e pinguini confezionati.

Vediamo così scontrarsi, all’interno del The Palace, due mondi contrapposti, due realtà umane divise dalla classe di appartenenza, tra servitori e ricchi, questi ultimi costantemente ridicolizzati e messi al centro di scenette di dubbio gusto. Non c’è spessore nel tipo di comicità messa in atto, più vicina al gusto del trash che alla critica sociale. Non c’è sentimento nella risata che dovrebbe provocare, che risulta quasi forzata, imbarazzata, di fronte a gesti e situazioni che sanno francamente di arretrato. Quasi come se il film stesso, che racconta la vigilia dell’anno Duemila, avesse preso le sembianze di certo cinema popolare di quel periodo.

L’intento di Polanski vorrebbe essere la satira di costume, portata grottescamente all’esagerazione, un po’ come fosse una versione invernale del recente Triangle of Sadness di Ruben Östlund. Ne viene fuori, invece, un quadro informe e degradato, una commedia dell’assurdo che non riesce ad essere reale satira poiché mancante di alcuno sguardo critico e veramente incisivo, limitandosi a presentare una carrellata di macchiettistici personaggi che paiono prelevati da un cinepanettone.

Ed è francamente difficile trovare le parole giuste per giudicare The Palace, almeno senza il timore di mancare di rispetto ad un maestro del cinema mondiale. Il quale, va detto, firma ad oggi uno dei suoi film meno riusciti, complice forse una certa stanchezza, una certa decadenza, al pari dei tanti personaggi dalla faccia cadente che sceglie di mettere in scena.

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