#TusciaFF18: Non odiare e incontro con Mauro Mancini

Non odiare Mauro Mancini DassCinemag

Si è aperta la quarta serata del Tuscia Film Fest con l’incontro tra il pubblico viterbese e il regista Mauro Mancini per la presentazione del suo primo lungometraggio, Non odiare (trailer). Il film, presentato in anteprima alla Settimana internazionale della critica alla 77° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, si ispira a un fatto di cronaca avvenuto in Germania nel 2010: un chirurgo ebreo si rifiutò di operare un uomo che aveva tatuata in corpo un’aquila del Terzo Reich, poiché andava contro la sua morale e la sua storia.

Mauro Mancini e il suo co-sceneggiatore Davide Lisino hanno esteso e forzato questo evento per raccontare la storia di Simone Segre, interpretato da Alessandro Gassmann, un chirurgo ebreo che si è rifiutato di soccorrere un uomo vittima di un incidente stradale per una svastica tatuata sul petto, assecondandone poi la morte. Il senso di colpa lo porterà a rintracciare la famiglia del defunto.

In Non odiare sono centrali lo sviluppo e, soprattutto, le interazioni tra i personaggi. Simone si interfaccia ai tre figli del defunto, Marica, Marcello e Paolo, nascondendo dentro di sé il segreto dell’omissione di soccorso ai danni del padre. Il rimorso in lui è fortissimo, con il risultato che il personaggio di Gassmann avrà poche battute per tutto il film. In generale, il film si erge sull’esiguità dei dialoghi, concedendo maggior vigore alle immagini e, soprattutto, ai corpi dei personaggi. Il corpo comunica molto di più rispetto alla parola, soprattutto perché, come ribadito dallo stesso regista durante il Q&A, i personaggi raramente sono sinceri con gli altri e con loro stessi.

nonodiare mancini

L’ampio respiro lasciato alle immagini ha indotto il regista a lavorare molto sugli ambienti e sui simboli. È ricorrente l’immagine del pastore tedesco, affidato a Simone dopo la morte del padre. Il cane è scorbutico e ingestibile, impedendo allo stesso Simone di potersene curare accuratamente. Il cane, però, è portatore di più significati: in primis, rispecchia il carattere duro del padre; in secondo luogo, il comportamento scontroso del cane rispecchia il caos interiore del personaggio di Simone, dovuto sia all’episodio scatenante del film sia al suo passato, fatto di sofferenza e cicatrici indelebili (non a caso, Simone fa il chirurgo).

Il rapporto tra presente e passato è fondamentale. Ogni personaggio deve fare i conti con il proprio passato per poter vivere il presente. Simone dovrà affrontare i demoni legati al passato e alle sue origini guardando in faccia i suoi luoghi della memoria (il lago che si vede all’inizio del film, la vecchia casa abbandonata del padre, una sinagoga…); ciò potrà farlo solo grazie a Marica, interpretata magnificamente da Sara Serraiocco. Come lui, anche Marcello, giovane neonazista interpretato da Luka Zunic, dovrà rivedere le proprie idee confrontandosi con la storia e il presente.

Tutti e tre questi personaggi sono complessi e molto realistici. Hanno le proprie croci e i propri lati oscuri. Mancini pone tutti sullo stesso piano, ma non in quanto giudei o neonazisti, ma in quanto essere umani, figli di un passato che ha portato alla loro situazione. Le speranze dei tre protagonisti ricadono, in maniera diversa, su Paolo, il più piccolo dei tre fratelli interpretato da Lorenzo Buonora. Il piccolo Paolo rappresenta per i protagonisti, e per lo spettatore, il futuro e un monito alle generazioni più grandi di prendersi cura di questo futuro.

Alla proiezione di Non odiare è seguito un Q&A con il regista Mauro Mancini, durante il quale si è parlato del film, del lavoro con gli attori e alcuni temi di carattere sociale. <<Il titolo iniziale di questo film doveva essere esattamente Skin (…), fra le prime cose che vediamo in un essere umano è proprio la pelle>> ha evidenziato il regista, <<mi interessava avere un contatto tattile e visivo con la pelle degli attori e dei personaggi>>. Da qui, Mauro Mancini ha sottolineato come la pelle, al giorno d’oggi, <<serva per etichettare le persone e per definirle. Mi spaventa questa cosa. Stento a capire quale sia il nostro bisogno di etichettare gli altri, mutandoli in un territorio di confine, quasi nemico>>.

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