Disponibile dal 9 aprile, sbarca sulla piattaforma Netflix il film Thunder Force (trailer), scritto e diretto dal regista Ben Falcone – al suo quinto lungometraggio – che vede come protagonista, per la quinta volta, sua moglie Melissa McCarthy, volto ormai noto della comicità americana. Ma non è l’unico nome importante nel film perché in esso troviamo: come co-protagonista l’attrice premio Oscar Octavia Spencer, inaspettato vederla in un ruolo comico rispetto alle performance attoriali per le quali la conosciamo (come The Help, Il diritto di contare, The Shape of Water); poi vediamo come antagonista Bobby Cannavale accompagnato da Jason Bateman e Pom Klementieff (Mantis ne I Guardini della Galassia Vol. 2) ed infine, in un ruolo minore, incontriamo un altro volto premio Oscar, cioè l’attrice Melissa Leo.
Il film si apre con una sequenza fumettistica la quale ci informa che nel 1983 uno strano raggio cosmico proveniente dallo spazio colpì la Terra mutando i geni di alcune persone – precisamente solo soggetti con problemi sociopatici – donando loro differenti poteri (buona scusa per presentare successivamente i cattivi senza bisogno di investigare il loro background). Tornando nel presente, in un mondo dominato dai super cattivi, chiamati Miscredenti, emergono due amiche dai caratteri totalmente opposti, le quali, dopo aver acquisito quasi accidentalmente dei poteri, si apprestano a formare una squadra chiamata appunto Thunder Force per combattere la super criminalità e riportare l’ordine nella loro città.
Ben Falcone cerca di unire il cinema supereroistico – ormai sovrabbondante – al genere comedy con l’intento di contrastare gli stereotipi che caratterizzano i classici supereroi, portando sullo schermo due donne come protagoniste assolute, nonché eroine di taglia abbondante, in contrapposizione netta con i fisici scolpiti ai quali siamo abituati. Ma, nonostante ciò, il film non riesce a creare la giusta mescolanza tra i generi e non approfondisce le relative tematiche che superficialmente accenna come l’amicizia, il rapporto genitori/figli, il bullismo e la politica finendo per trasporre una pellicola demenziale riempita con gag sconnesse e ripetitive che, di conseguenza, vanno a sovrastare nettamente il genere supereroistico.
Se i nomi degli attori singolarmente si presentano bene, non può dirsi lo stesso visti insieme all’interno della pellicola. Ci riferiamo soprattutto alle due protagoniste Melissa McCarthy e Octavia Spencer, le quali non riescono a creare un giusto binomio. La prima, in realtà, si mostra molto a suo agio nel genere, anche perché sappiamo essere proprio questo il suo campo, ma lo è così tanto da arrivare, di conseguenza, a sovrastare la figura dell’altra protagonista Octavia, che sembra essere un pesce fuor d’acqua con una personalità molto debole e impacciata in un film evidentemente non adatto a lei. Forse i personaggi che spiccano di più sono gli antagonisti, i quali nel loro piccolo, riescono a creare qualche sprazzo di comicità più efficace rispetto alle protagoniste.
La pellicola presenta un primo atto monotono e abbastanza esteso che porta, di contro, ad un secondo e terzo atto molto ridotti, rendendo la risoluzione della vicenda rapida e scontata con una sceneggiatura davvero banale e povera: incominciando dal classico incidente in laboratorio che porta allo sviluppo dei poteri – visto e rivisto più volte -, arrivando fino all’agire dei villains, che risulta anch’esso il solito déjà-vu. Di contro però, si possono riscontrare degli effetti speciali ben fatti e soddisfacenti. D’altronde, visto il grande sviluppo del cinema supereroistico da quasi vent’anni a questa parte, è ormai per gli americani un gioco da ragazzi realizzare grandi effetti anche in film di serie B.
Sicuramente il film voleva essere una sorta di fotografia del cinema contemporaneo e le sue relative sfumature con l’intento di amalgamare generi opposti, ma è un tentativo fallito: si poteva e si doveva fare molto di più, soprattutto quando si mettono in scena determinati stereotipi e tematiche le quali non possono essere mostrate solo superficialmente ma vanno anche approfondite. La pellicola presenta una narrazione che nel complesso si srotola molto velocemente, non attenziona nulla in particolare e non analizza le singole allegorie; il regista non fa altro che lanciare il sasso per poi tirare subito indietro la mano facendoci solo intendere che le basi del suo film potevano forse essere buone ma nella pratica parecchie cose sono andate storte.
In conclusione, l’unica cosa certa è che Thunder Force rimane un prodotto d’intrattenimento senza pretese, se non quelle di alleggerire la giornata per un’ora e quaranta, ma niente di più.