The Lie, la recensione del film su Amazon Prime Video

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La Blumhouse, casa di produzione per lo più di film horror, decide con The Lie (trailer) di fare un remake per la televisione di un film tedesco del 2015, ovvero We Monster di Sebastian Ko. Il progetto, appartenente al ciclo di quattro film Welcome to the Blumhouse proposto da Jason Blum e destinati ad approdare su Amazon Prime Video, viene affidato alla regista Veena Sud, la quale scrive anche la sceneggiatura.

La storia segue la vicenda di Kayla (Joey King), quattordicenne disadattata con problemi relazionali, e dei suoi genitori, divorziati da poco. Una mattina Jay (Peter Sarsgaard), padre della ragazza, accompagna quest’ultima a scuola di danza e sul tragitto decidono di dare un passaggio a Brittany (Devery Jacobs), sua amica di scuola; quando le due scendono momentaneamente dall’auto per andare in bagno, Jay sente dopo pochi minuti le urla di Kayla, rea a suo dire di aver spinto giù intenzionalmente da un ponte la compagna. I genitori della protagonista faranno di tutto per camuffare l’accaduto.

La regista decide di percorrere la via del thriller familiare tra lande innevate (e qui inevitabili i rimandi a Soldi Sporchi di Sam Raimi) senza però lasciare alcun segno. Sud non riesce a dare alcuna tensione al film, a causa di una regia incapace di scandire bene i momenti cruciali del racconto, risultando monotono e piatto (il contrario di ciò che deve essere un thriller, Hitchcock docet). In più, la sceneggiatura presenta due debolezze su cui grava tutto il film: in primis, lo svolgimento degli eventi si dipana in due direzioni, il dramma familiare e la detection (quest’ultima riservata agli ultimi due atti) senza però mai approfondirli realmente. Il primo si consuma all’interno dell’abitazione del nucleo familiare dove i 3 cercano di costruire e consolidare il loro rapporto, peccato però che la definizione dei loro caratteri sia accennata appena, così da renderli poco empatici nei confronti dello spettatore (così facendo, non si entra mai davvero nella storia e l’interesse verso di loro non decolla mai). Nella seconda parte viene appena accennato il filo narrativo della detection in cui seguiamo le indagini dei poliziotti i quali in un batter d’occhio arrivano a conclusioni sin troppo affrettate e, a tratti, poco plausibili (basta citare l’inalatore ritrovato in mezzo ad una foresta ricoperta dalla neve); in secondo luogo, gli eventi man mano che prendono forma diventano sempre più inverosimili, culminando in un finale a dir poco sconclusionato e delirante.

Insomma, la Blumhouse è sicuramente una casa di produzione proficua , capace di centrare molti bei film (Sinister, Insidious, Rapina a Stoccolma) a basso budget (loro peculiarità), ma di certo questo non è il caso di The Lie del quale, probabilmente, non se ne sentirà pù parlare.

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