Spaccaossa, la recensione: un baratto tra dolore e denaro

Spaccaossa

Dopo la presentazione alle Giornate degli Autori di Venezia arriva al cinema Spaccaossa (trailer), una storia di violenza, di crudezza, di una realtà inclemente che non fa sconti. Ma, soprattutto, l’opera prima di Vincenzo Pirrotta è una storia di miseria: quella di un gruppo di balordi, un’associazione a delinquere in piena regola, che organizza dei finti incidenti per intascare i soldi dell’assicurazione; e quella, condivisa, di chi incredibilmente accetta di farsi rompere un braccio o una gamba pur di avere la sua fetta di guadagno. È questo il racconto di un film che colpisce, con il suo incedere, sempre più forte. Lasciando lo spettatore macchiato del sapore del dolore messo in scena.

Ci troviamo in una non precisata periferia di Palermo, in un contesto lontano dallo Stato e in qualche modo dal tempo. Perché quella di Spaccaossa è una storia tutta siciliana, a partire dalla lingua a cui fa affidamento (il film è interamente in dialetto sottotitolato) per passare alla nostra banda di disgraziati delinquenti, che richiama ben altre organizzazioni malavitose dell’isola. Ma per quanto, almeno in superficie, la pellicola ambientata in Sicilia parli di criminalità senza rappresentare la mafia, le dinamiche di potere tra uomini senza cuore e poveracci rimangono inalterate. E su tutti, vittime e carnefici, il film di Pirrotta cala una cappa di compatimento, ad ammantare le loro anime miserevoli.

Per prima quella di Vincenzo (interpretato dallo stesso regista, già affermato autore-attore teatrale), protagonista di una parabola che vorrebbe essere ascendente, salvifica, centrifuga rispetto alla banda di cui fa parte. Con un ruolo ben preciso, oltre che gravoso: è lui, infatti, che si occupa di trovare i malcapitati da “spaccare”. Il suo percorso si incrocia con quello di Luisa (Selene Caramazza), una giovane tossicodipendente alla ricerca della propria strada. Una strada difficile e dolorosa ma carica di forza positiva. Vincenzo avrebbe l’opportunità di aggrapparsi alla sua traiettoria, per uscire dal baratro in cui vive. Eppure, invece, è la sua energia negativa ad invertire la parabola di Luisa, trascinandola nella stessa voragine.

Spaccaossa, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, porta sullo schermo un reale (e recente) fatto di cronaca. Quello di Pirrotta è un ritratto di un certo tipo di subcultura meridionale, di una società non toccata dalla giustizia e dallo Stato. In tutto il film non compare mai alcun elemento inerente alla giustizia: lo Stato è talmente lontano da rendere il contesto del tutto autoreferenziale. È un mondo in cui i personaggi creano le proprie leggi, lastricando la strada che conduce alla propria discesa negli inferi. D’altra parte un plauso va fatto a Ficarra e Picone (in veste di sceneggiatori insieme a Ignazio Rosato) nell’aver colto l’essenza di questa miserevole mentalità condivisa, nella quale si è disposti a farsi a pezzi pur di salvare le apparenze di fronte agli altri – come nel caso di un padre che si fa rompere braccio e gambe per pagare la festa della prima comunione della figlia.

Allo stesso modo lodevoli sono le interpretazioni che sorreggono il film, in un cast ancora una volta tutto siciliano. Dalla prova cinica e severa di Ninni Bruschetta, volto di uno dei membri della banda criminale; a quella di Aurora Quattrocchi nei panni dell’anziana madre del protagonista, dallo sguardo amorevole ma custode di una insospettata crudeltà. Citando infine la partecipazione di Luigi Lo Cascio, interprete di un grottesco individuo che ha barattato la sua gamba per giocare alle slot machine. L’insieme che ne deriva risulta oltremodo credibile, nonostante una storia che lascerebbe spazio a inciampi. Questo anche grazie alla regia chirurgica di Vincenzo Pirrotta, che compie un lavoro di sottrazione asciugando la messa in scena all’essenziale.

Spaccaossa porta sul grande schermo un’umanità senza salvezza né speranza, partendo da un fatto di cronaca che aggrava la durezza del racconto. Una storia di miseria e di miserevoli, che si sottrae dal facile giudizio lasciando allo spettatore una sensazione di amarezza senza fiato. Con la sua opera prima il regista Vincenzo Pirrotta sembra porre una domanda tanto semplice quanto scomoda: che cosa ognuno di noi è disposto a concedere pur di ottenere ciò che desidera? La risposta a tale quesito sembra non lasciare alcuna luce per i personaggi di Spaccaossa. Ma se non c’è speranza per loro, forse ce n’è ancora per il cinema italiano.

Spaccaossa è al cinema dal 24 novembre.

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