#RomaFF18: I limoni d’inverno, la recensione del film di Caterina Carone

I limoni d'inverno, la recensione del film di Caterina Carone

Presentato alla Festa del cinema di Roma nella categoria Grand public, I limoni d’inverno (trailer) è il nuovo film della giovane regista Caterina Carone. La storia, ambientata a Roma, parla dell’incontro fra un professore di lettere in pensione e la sua nuova vicina di casa. Pietro (Christian De Sica), che sta cercando invano di dare una svolta al suo ultimo libro, è un personaggio solitario e un po’ scorbutico, i cui unici legami sociali sono quelli con il ricordo della ex moglie, il fratello minore e un ragazzo a cui dà qualche ripetizione. Eleonora (Teresa Saponangelo) è sposata da tempo con Luca (Max Malatesta), la cui carriera prevarica le esigenze e le attenzioni di cui avrebbe bisogno la relazione; Eleonora non soltanto ha rinunciato da tempo alla passione per la pittura: il suo lavoro è fare da agente al marito, fotografo contemporaneo di successo.

Saranno i due terrazzi dei protagonisti a far nascere il rapporto: da qualche chiacchera occasionale, Pietro ed Eleonora cominciano gradualmente a conoscersi, a parlare delle proprie vite e difficoltà. A dar luce all’amicizia è la botanica: Pietro, più esperto, mostra ad Eleonora come prendersi cura al meglio delle proprie piante. L’attenzione a queste si trasforma metaforicamente in un’esplorazione di sé, in un risveglio dalla letargica monotonia delle loro vite. L’apice del rapporto si avrà quando Luca, in occasione di una mostra in suo onore, verrà ospitato a New York ed Eleonora sceglierà di rimanere a Roma.

Se la stragrande maggioranza dei film che vedono coinvolto Christian De Sica si presenta come espressione del genere cinepanettone e comico, I limoni d’inverno rappresenta il suo primo film drammatico, novità che incentiva la curiosità della critica. Non a caso quest’ultima ha parlato più di una volta di un “nuovo De Sica”. Tuttavia, il Christian del film non sembra avere un nuovo impatto. Il protagonista, e in generale il cast, infatti, soffre di una recitazione troppo macchinosa e forzata, che spezza la verosimiglianza del momento. Tale impressione diventa ancora più evidente quando vengono presentati i momenti più intimi e fragili del film: il dramma, che da questi dovrebbe nascere, non riesce ad esprimersi a causa di toni innaturali o di un’espressività troppo teatrale. Ciò è anche dovuto ad una scrittura poco strutturata e vaga: spesso i momenti che meriterebbero maggiore delicatezza vengono troncati da battute e momenti comici fuori luogo. I dialoghi sono spesso deboli e non guidano l’azione al di fuori di una linea narrativa prevedibile. Il dramma si alterna alla comicità senza troppa distinzione. D’altra parte, i personaggi non hanno una vera e propria caratterizzazione: di loro e soprattutto delle ragioni per cui vengono a legarsi fra di loro, sappiamo poco. Lo stesso legame fra i protagonisti viene portato avanti da un’intesa che non trova un reale fondamento.

Il film, dunque, sembra vittima di una predominanza della forma a discapito dei contenuti, come se il quadro di partenza in cui i personaggi sono collocati sia sufficiente a dire tutto ciò che il film abbia da dire. Va tuttavia sottolineato il contributo del compositore e premio Oscar Nicola Piovani, la cui colonna sonora rappresenta un punto di forza del film.

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