#RomaFF16: E noi come stronzi rimanemmo a guardare, la recensione

E noi come stronzi rimanemmo a guardare film

Arturo (Fabio De Luigi) è un manager di un’importante azienda, un uomo che conduce una vita tranquilla con la sua compagna e i suoi amici alto borghesi. Improvvisamente perde tutto, si ritrova senza posto di lavoro, senza fidanzata, ed è costretto a ricominciare da capo. Inizia a lavorare come rider e, per colmare la profonda solitudine che sente, si abbona a Fuber Friends, un’app che permette alle persone sole di passare del tempo in compagnia. In questo modo conosce Stella (Ilenia Pastorelli), un ologramma generato dall’app, con la quale inizierà un rapporto di amicizia destinato a tramutarsi in qualcosa di più.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film diretto da Pierfrancesco Diliberto (Pif), scritto con la collaborazione di Michele Astori e liberamente ispirato al concept Candido del collettivo I Diavoli. Ambientato in un tempo maggiormente tecnologizzato rispetto al nostro, il film mostra una realtà inquietante, un mondo in cui il capo supremo è un algoritmo informativo, che controlla e determina l’andamento della vita di tutti. Pif porta sullo schermo quello che potrebbe essere un nostro possibile futuro, un futuro in cui, sempre più dipendenti e controllati dalla tecnologia, potremmo arrivare a perdere le qualità e i valori che ci rendono degli esseri umani.

La terza opera di Pif si colora di metafore destinate a restituire la condizione di un protagonista che perde qualsiasi libertà. Arturo non è più libero di scegliere di chi innamorarsi, non è più libero di aspirare ad un lavoro che lo gratifichi, perde qualsiasi tipo di individualità per inserirsi, a tutti i costi, in una enorme macchina produttiva che lo trasforma in un trascurabile ingranaggio. Arriva lampante anche la critica destinata alle grandi contraddizioni che connotano la nostra società: un individuo di oltre 40 anni ha poche possibilità di trovare un nuovo lavoro e rifarsi una vita, oramai non contano anni e anni di esperienza, siamo nell’era in cui “il nuovo” deve tassativamente sostituire “il vecchio”. E proprio la facilità con cui le nostre facoltà mentali, le nostre particolarità possono essere facilmente rimpiazzate da un’altra persona o addirittura da un dispositivo tecnologico, è un pensiero che destabilizza.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film audace, anche se avrebbe potuto esserlo di più. Si rivela essere un prodotto innovativo, sia per la spinta nel trattare determinate tematiche, sia per la ricostruzione efficace di un futuro distopico, ipertecnologico, che cerca di aspirare, un po’ ingenuamente, ma comunque in maniera apprezzabile, a prodotti cinematografici americani di ultima generazione. Il rapporto tra Arturo e Stella si rifà sfacciatamente ad Her, uscendone però sconfitto, poiché sacrificato in nome di tutto il resto, di tutti gli spunti mirati a far riflettere, provocati nello spettatore in maniera un po’ didascalica.

Il messaggio che il film vuol far arrivare non lascia scampo: siamo noi i responsabili di tutto, siamo noi che abbiamo permesso alla tecnologia di controllarci, che “come stronzi rimaniamo a guardare” mentre tutto questo prende piede e trasforma, in maniera apparentemente impercettibile, le nostre esistenze. Una critica pesante che arriva in maniera leggera, una storia sorprendente ma fin troppo vicina a quella di tutti noi. Siete pronti a guardare negli occhi il futuro che ci aspetta?

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