PesaroFF57: incontro con le produttrici de L’immagine e il suo doppio e Q&A con Luca Ferri e Lynne Sachs

PesaroFF57: incontro con le produttrici de L'immagine e il suo doppio e Q&A con Luca Ferri e Lynne Sachs

Si è aperta la quarta matinèe del Festival con il primo dei due incontri con le produttrici europee de L’immagine e il suo doppio a cui è seguito il ciclo di Q&A con due degli autori in concorso: Luca Ferri e Lynne Sachs.

Tema del primo intervento è la condizione delle lavoratrici donne nell’industria del cinema in Europa. Prendono parola le curatrici Glenda Balucani e Lucia Pagliardini, seguite dal direttore del Festival di Pesaro Pedro Armocida. In collegamento da remoto hanno presenziato le produttrici Marta Donzelli, Filipa Reis, Valerie Delpierre e Christine Gozlan; a moderare il collegamento è stata Lucia Milazzotto, direttrice del MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo.

Lavoro femminile, discriminazione, valorizzazione, talento e inclusione, sono solo alcuni dei temi affrontati. La prima ospite a prendere parola è Marta Donzelli, direttrice del Centro Sperimentale di Cinematografia. Valorizzare i mestieri per ambo i sessi, agevolando il più possibile la presenza femminile sui set, è una delle missioni della scuola. Senza troppe remore, si è soffermata su quanto sia ìmpari la narrazione divistica tra uomini e donne, soprattutto per ruoli autoriali: un’autrice donna deve impiegare maggiori sforzi per raggiungere medesimi traguardi di un uomo. Il problema in Europa è prima di tutto «culturale», ha rimarcato Christine Gozlan. Bisogna «ripartire dall’educazione»; la Francia sta percorrendo questa. Ha voluto ricordare ai presenti che «il talento non ha sesso».

Ha proseguito così Valerie Delpierre sull’importanza di conciliare responsabilità civili globalizzate a identità autoctone, quindi tradizioni. Rispettare la propria identità nelle narrazioni senza rinunciare a racconti storici locali o in epoche che non condividono valori analoghi a quelli attuali. Per questo, il “politically correct” è un ostacolo, ha espresso la moderatrice.

«Il vero potere della cultura è portare progetti a lungo termine che da qui a vent’anni lascino un segno nelle coscienze degli spettatori» ha aggiunto Filipa. L’Autore si sceglie così in base alla sua sensibilità per quella storia, per quel tema, piuttosto che per il suo genere o orientamento sessuale. Si è detto come la battaglia per la parità di genere «dovrebbe essere d’interesse per i vertici decisionali della filiera»; gli stessi vertici risentono di una marcata disparità di genere. La moderatrice ha puntualizzato su come programmi europei come MEDIA abbiano indirizzato le proprie politiche a temi di inclusivity.

PesaroFF57: incontro con le produttrici de L'immagine e il suo doppio e Q&A con Luca Ferri e Lynne Sachs

Nel dibattito non si è però nascosto su come politiche di inclusività rischino di creare vere e proprie “quote” all’interno della macchina produttiva – sia di contenuti che di lavoratori – che spesso possono portare a prodotti dalla discutibile validità, come vediamo di tendenza in titoli di provenienza statunitense. «L’opera racconta una storia. La storia – seppur non politicamente corretta – non dovrebbe preoccuparsi di sbagliare» ha affermato Christine.

Nonostante tutto le produttrici che hanno partecipato si sono dette ottimiste: «In Francia cerchiamo di creare degli “spazi sicuri” per le nostre lavoratrici, soprattutto quelle incinte. Anche tra le maestranze tecniche le donne sono sensibilmente aumentate rispetto a vent’anni fa» ha raccontato Valerie. Per Filipa l’equilibrio di genere deve partire proprio dai vertici affinché si rifletta anche tra i lavoratori di ciascuna categoria.

Mettere sistemi di “quote” tra le maestranze artistiche non ha alcun tipo di utilità: «il talento non ha senso» si è ribadito. L’arte non ha identità e il rispetto dovrebbe essere prerogative in qualsiasi caso. Chiudono l’incontro le moderatrici Glenda Balucani e Lucia Pagliardini e il presidente Pedro Armocida.

Continua la seconda parte del matinèe con il Q&A, mediato da Pedro Armocida e Raffaele Meale. Interviene per primo Luca Ferri, in presenza, in concorso con Mille CipressiIl corto segue un uomo in visita alla Tomba Brion, nel complesso funebre monumentale realizzato dall’architetto italiano Carlo Scarpa, nel cimitero di San Vito, in provincia di Treviso. «Non è un film sull’architettura, ma sul senso delle cose, sul perché stiamo al mondo». La serrata ricerca formale del regista, che riprende in 4:3 un serie di dettagli della tomba, avvia una riflessione sul nostro modo di conoscere e vedere il mondo. «La mancanza di un’inquadratura totale dell’opera di Scarpa serve a rimarcare l’impossibilità di poter cogliere la sua integralità»; è l’allontanamento da una visione superficiale, che deve lasciare spazio ad una penetrazione profonda di ciò che si guarda. «Non esiste il nuovo», ha spiegato, «ma solo una ripresa cosciente del classico»; esattamente come dichiarò lo stesso Scarpa durante una conferenza madrilena del 1978, le cui parole sono state riprese dallo stesso Ferri per la voce narrante di Alissa Cherfi all’interno del film.

Continua Lynne Sachs,  regista di New York, che risponde alle domande di Paola Cassano e Pedro Armocida sul film About a father who. Il film è un documentario autobiografico. Racconta la complessa figura del padre della regista “Ira”, che nel corso della sua vita ha avuto una quantità di donne diverse da cui sono nati nove figli. Sachs attua un tentativo attraverso l’opera di comprendere, analizzare e confrontarsi con la sfuggente figura paterna e con quella dei vari fratelli e sorelle. L’operazione è quella di mettere in relazione la memoria (sua e degli altri figli di Ira) ed una materia rappresentata dai  video utilizzati. «Volevo fare un film che indagava  i vari modi che ognuno di noi ha per capire una persona e mostrare come si può giocare con essi.» In particolare la regista ha voluto sottolineare come la scelta di usare “a father” nel titolo, in maniera generica,  è un invito a tutti gli spettatori a riflettere sulle proprie famiglie e a confrontarsi con «la figura misterica, che i genitori a volte possono rappresentare per i figli.»

Il film unisce materiali eterogenei raccolti nel corso di più di 30 anni. «Ciascuna volta che io e mio padre ci siamo trovati trovati insieme, nell’arco di trent’anni, io filmavo. Il risultato è ore e ore di girato in pellicola 8mm e 16mm, in video e in digitale.»

scritto da Riccardo Consalvi, Valentino Pirola, Mattia Pizzari e Giuliano Tomarchio

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