Mosul, la recensione del film su Netflix

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Mosul è un capoluogo dell’Iraq, la città cadde nelle mani dello Stato islamico nel 2014 a seguito di una inadeguata gestione della situazione da parte dell’esercito americano. Nel 2016 il popolo iracheno diede inizio ad una vera offensiva per la riconquista della città contro l’Isis. L’esercito iracheno in collaborazione con le forze curde peshmerga ed un coordinamento USA (considerato oggi come simbolico e superficiale dagli iracheni) ebbe la meglio il 9 luglio del 2017 al prezzo di più di 40.000 morti in battaglia.

Matthew Michael Carnahan è uno sceneggiatore di successo americano conosciuto in particolare per gli script di Leoni per agnelli e World War Z. La sua particolare caratteristica come sceneggiatore è quella di trarre molti suoi script da articoli di prestigiose riviste internazionali, approfondimenti politici o reportage da zone di guerra o di emergenza, anche in questo caso il film nasce dopo la lettura dei lavori di inviati giornalistici in Iraq. Il film Mosul (trailer) è anche l’esordio di Carnahan come regista cinematografico sotto ben 17 produttori diversi, fra cui spiccano per popolarità i fratelli Anthony e Joe Russo.

Il film racconta un frammento della coraggiosa odissea di una squadra SWAT di Mosul impegnata in una missione autoassegnatasi e pronta e mettere in gioco la propria vita per portarla a termine. Nel corso della loro avventura i poliziotti d’assalto icontreranno figure simboliche dell’offensiva del capoluogo, da loro colleghi corrotti a cecchini adolescenti o bambini disperati, fino ad un misterioso responsabile logistico iraniano con mezzi e risorse dalla provenienza ambigua ed illogica. Questa figura in particolare fa riferimento alle strane influenze, raccontate da stampa e testimoni, che l’offensiva ricevette da diverse forme di intelligence arabe non necessariamente coordinate o alleate fra loro.

Il lavoro di Carnahan è simile al pedinamento zavattiniano con la forte commistione tipica americana del cinema di genere, si passa infatti da momenti di banale quotidiano fra i soldati ad istanti adrenalinici girati, seppure con meno mezzi, a metà fra Salvate il soldato Ryan e Call of Duty. La regia degli attori è più che buona considerato che si tratta di un esordiente cinematografico e la confezione si rivela un pò sopra la media del tipico prodotto Netflix, dove Mosul è arrivato direttamente in streaming dopo essere passato a Venezia76.

Il film è un chiaro ibrido pensato sia per chi ama la ricostruzuone di guerra e guerriglia, sia per chi preferisce il cinema di denuncia e reportage. Non mancano alcune critiche al comportamento americano ed alcune considerazioni sulla condizione storica di Mosul, ma il tempo per queste riflessioni è sacrificato rispetto alla necessità di mantenere tensione ed una dose di spettacolarità al prodotto, lì dove la maggioranza dei difetti del film si possono andare facilmente a giustificare con un budget contenuto ed un regista agli esordi, con una scrittura che riesce comunque a salvare le discrepanze e a confezionare un prodotto di qualità.

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