L’Angelo del Crimine, anche la morte può avere fascino

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Tratto dalla vera storia del più famoso serial killer argentino, “L’angelo del crimine” (qui il trailer) ripercorre la vicenda di Carlos Robledo Puch attraverso l’impronta autoriale di Luis Ortega.

Un po’ tra la gangster story alla “Bonnie and Clyde” e tra i richiami tematici a una giovane omosessualità latente di “Call me by your name”, il regista delinea un personaggio puro e libero la cui bellezza fisica, che lo porta ad essere definito una Marylin Monroe maschile, ne cela un animo inconsapevolmente torbido, impassibile di fronte ai suoi crimini, quasi desideroso di trovarsi di fronte ad una cinepresa. E’ il contrasto del fascino angelico del killer la frattura che rende la pellicola attraente, ma è il filtro registico ciò che la rende efficace. Ortega affronta la tematica con sfrontata delicatezza restituendo allo spettatore un’esperienza visiva ricca di colori accesi a scaldare l’immagine, una musica che varia dal pop alla canzone latina in piena simbiosi con l’attitudine dei personaggi e primissimi piani dall’aspetto (pop-) artistico e didascalico. Tutto questo calore per rendere la freddezza di Carlitos, grazioso assassino interpretato dall’esordiente Lorenzo Ferro, che in una destituita Argentina degli anni settanta giustifica le sue azioni pensandosi spia che lavora per Dio.

Con la benedizione dei fratelli Almodovar che lo producono, Luis Ortega porta il suo settimo film in Italia a partire dal 30 maggio, con un anno di ritardo. “L’angelo del crimine” è stato, infatti, presentato nel 2018 nella sezione “Un certain regard” a Cannes ed è la pellicola che ha ottenuto il maggior risultato commerciale nella storia del cinema argentino.

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