La ragazza con il braccialetto, recensione: l’avvincente film di Stéphane Demoustier

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Lise, una ragazza di 18 anni, viene accusata dell’omicidio della sua migliore amica. In attesa del giudizio in Corte d’Assise è costretta a portare un braccialetto elettronico, a rinunciare alla spiensieratezza che la sua età prevedrebbe e a difendersi in un tribunale. Lise è davvero la ragazza innocente che i suoi genitori e i suoi amici credono di conoscere? La ragazza con il braccialetto (trailer) , vincitore del Premio César come miglior sceneggiatura non originale, sarà disponibile al cinema dal 26 agosto.

Il film, diretto da Stéphane Demoustier, ci accompagna nella vita di una giovane donna dagli occhi magnetici e la personalità indecifrabile, resa abilmente dalla esordiente Melissa Guers. Dal volto della protagonista non traspare niente che possa aiutare lo spettatore ad entrare facilmente in empatia con lei, né rabbia, né dolore, né compassione ed è forse proprio per questo che, paradossalmente, risulta naturale rimanere sorpresi dalla vulnerabilità che Lise sembra voler a tutti i costi nascondere. L’abilità con cui è stato costruito il personaggio principale contribuisce ad incrementare il mistero intorno al delitto, non regala certezze e tiene viva la curiosità del pubblico nei confronti della protagonista.

La storia si svolge quasi interamente nella stanza di un tribunale, con una messa in scena semplice, nessun orpello registico e l’evidente intenzione di restituire un realismo giudiziario. Il regista stesso ha affermato di aver scritto la sceneggiatura dopo aver assistito a molti processi in Corte d’Assise e con la collaborazione di giudici e avvocati. Sicuramente l’intento di far vivere al pubblico l’esperienza di un processo è riuscito discretamente, ma è stata sacrificata quella potenza emozionale che avrebbe dovuto rivestire un ruolo maggiore. Non sapere molto dei personaggi secondari fa sì che non si entri facilmente in empatia con loro, porta ad una difficoltà nell’inquadrarli in relazione con la protagonista. I genitori di Lise, per esempio, potevano essere maggiormente caratterizzati, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con la figlia, oppure rispetto agli effetti che il processo ha avuto su di loro. Il risultato è una narrazione che appare troppo verbosa, a tratti asettica e che non permette allo spettatore di sentirsi pienamente coinvolto emotivamente.

Demoustier decide di giocare con il silenzio, e lo fa con maestria. Riesce a congelare il tempo diegetico creando suspense e pause che arricchiscono la narrazione, attimi di stasi assordanti che restituiscono di più di molte parole. Il film quindi si costruisce su due forze: da una parte la verbosità (data dal genere) e dall’altra il silenzio. E’ proprio la collisione tra le due che rende la storia incalzante e colma il vuoto emotivo. La fotografia che si colora di toni freddi contribuisce alla realizzazione di un film che ricalca a tratti il genere documentario, senza incarnarlo completamente. Il risultato è un prodotto realistico, portatore di una storia che avremmo potuto benissimo leggere sui giornali.

Un punto di forza del film è indubbiamente la capacità che ha di non rimanere fermo ad uno sterile fatto di cronaca, ma spaziare con argomenti che portano a riflessioni. Primo fra tutti il tema della sessualità visto con gli occhi dei più giovani. Lise è una donna che vive la propria sessualità in maniera aperta, genuina e, proprio per questo, il suo modo di affrontarla diventa oggetto di discussione in tribunale e materia di giudizio da parte dei rappresentanti di una società troppo retrograda. La domanda che sorge spontanea è: che valore ha un giudizio espresso da chi non riesce a guardare oltre le apparenze, da chi ha la mente troppo ristretta per riuscire a comprendere?

La ragazza con il braccialetto nel suo finale aperto scopre quella che fin dal principio è stata la sua natura: non importa se Lise sia l’assassina o no, se sia il mostro freddo che il pubblico ministero dipinge, importa che lo spettatore sia stato testimone di una società che non funziona e mai funzionerà se non si abbattono i giudizi morali. Film consigliato a chi ama il genere, ma anche a chi vuole trascorre 96 minuti con un prodotto dall’elevata capacità intrattenente.

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