La natura dell’amore, la recensione: indagine sui desideri femminili

La natura dell'amore recensione film di Monia Chokri

Sophie (Magalie Lépine Blondeau), una docente di filosofia di quarant’anni, è un’esperta d’amore. Sull’argomento, tra gli altri, riesce a citare senza fatica Platone e Schopenhauer ma questa sua preparazione teorica non la rende totalmente invulnerabile agli effetti del più ingestibile dei sentimenti umani.  

La natura dell’amore (trailer), film diretto da Monia Chokri e presentato al Festival di Cannes del 2023, vede al centro della narrazione una monotona coppia borghese, Sophie e Xavier (Francis-William Rhéaume) che, dopo dieci anni di matrimonio, è costretta ad affrontare una traumatica frattura. Difatti, l’incontro rivelatore con Sylvain (Pierre-Yves Cardinal), l’operaio chiamato a restaurare la casa sul lago della coppia, risveglia la donna dall’insostenibile torpore quotidiano. 

Questa commedia romantica gioca con i cliché sociali, mettendo in contrapposizione due archetipi maschili opposti: da una parte Xavier, l’intellettuale bloccato nella dimensione grigia e asessuata di un’esistenza priva di vitalità; dall’altra Sylvain, il tipo di ragazzo il cui smodato fascino sensuale è sufficiente a far dimenticare ogni piano razionale. In tal senso, Cardinal, attore che aveva già brillato in Tom à la ferme di Xavier Dolan, risulta impeccabile.  

La dicotomia tra questi due personaggi, rispettivamente rappresentanti del dovere asfittico e del piacere esuberante, sembra omaggiare uno dei capisaldi della screwball comedy hollywoodiana: Susanna!, capolavoro del 1938 di Howard Hawks. Come quest’ultimo, anche la regista canadese condivide la tesi che, solo in una coppia sciolta dai vincoli del rigore morale, si possa raggiungere il massimo coinvolgimento emotivo. Così, sostituendo i doppi sensi e le allusioni dei dialoghi del primo con scene erotiche molto più esplicite, questo film rivela tutto il suo potenziale. 

Esso, infatti, deve gran parte del suo fascino visivo al direttore della fotografia André Turpin e alla montatrice Pauline Gaillard. Il loro contributo è fondamentale nel ritrarre la continuità fisica ed emotiva, enfatizzando i gesti e la mimica attraverso l’uso di zoom lenti e di un montaggio che, come il film, seduce spostandosi da uno scenario intimo ad uno collettivo. 

Ma a differenza di Susanna!, La natura dell’amore non riserva un epilogo ottimista. Infatti, ad intromettersi nell’eccitante relazione tra Sophie e Sylvain sono i pregiudizi e la differenza di classe. L’ossessione per un utilizzo corretto della lingua della prima e gli ideali retrogradi del secondo si scontrano fino a dilagare in veementi litigi, in cui emerge l’estrema e incontrollata violenza della componente maschile.  

L’estetica gioca un ruolo importante anche nella rappresentazione di questo divario. Il guardaroba fa la sua parte: quando Sophie incontra per la prima volta Sylvain, lui indossa una camicia a quadri, tipico abbigliamento hipster, che gli dona un’aria alternativa. Questo contribuisce a renderlo accettabile anche agli occhi di una snob. I suoi successivi tentativi di accontentare il suo senso estetico, però, si rivelano fallimentari. Per questo, nonostante una tanto manifesta quanto furente passione, la loro relazione non trova, nei momenti di socialità, la stessa intesa che si palesa sotto le lenzuola. La convergenza di queste problematiche porta i due a dubitare di avere un futuro insieme e, infine, ad arrendersi all’inevitabile. 

Sebbene non riesca a scrollarsi di dosso il pensiero pessimistico che la vita amorosa eterosessuale e monogama sia destinata a ripetere lo stesso ciclo, in cui si susseguono infatuazione, matrimonio ed esaurimento del desiderio, La natura dell’amore offre una visione dei rapporti e dei sentimenti piuttosto ricca di sfumature. Interessato alle complessità delle passioni e delle relazioni uomo-donna, il film non fa moralismi né prediche e questa è forse la sua più grande qualità

Dal 14 febbraio al cinema. 

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