I tre moschettieri – D’Artagnan, la recensione: da un classico della letteratura al cinema di genere

Ci sono personaggi nel mondo della narrativa che non abbandoneranno mai l’immaginario collettivo. Eroi, vere e proprie icone, che continuano a presentarsi al pubblico di ogni età e ogni periodo storico e che, attraverso riproposizioni e rivisitazioni moderne, ripercorrono la loro storia originale. Eppure, ci sono delle caratteristiche che restano sempre e comunque. Cappa, spada, baffi e pizzetto: questi sono gli elementi che definiscono immediatamente il personaggio di Charles D’Artagnan, portato alla ribalta dal romanzo I tre moschettieri di Alexandre Dumas del 1844 e protagonista indiscusso di I tre moschettieri – D’Artagnan (trailer).

Scritto a quattro mani da Matthieu Delaporte ed Alexandre de La Patellière, il film è ambientato nel 1627, durante il periodo del regno di Luigi XIII, e vede il giovane guascone giungere a Parigi con l’intento di unirsi ai tre moschettieri del re: Athos, Portos e Aramis. Dopo i rancori iniziali che questi nutrono nei confronti del ragazzo, tutti e quattro si ritrovano a lottare insieme contro i complotti orditi dal cardinale Richelieu e dall’intrigante Milady per indebolire il potere di Luigi XIII.

Duelli, inseguimenti a cavallo, sentimenti e cospirazioni: elementi che si presentano in maniera spettacolare e molto ritmata nell’intreccio narrativo del film; il tutto, per una resa grandiosa della Francia del Seicento ed una ricostruzione storica degna di nota, grazie anche alla mano del regista Martin Bourboulon che, dopo alcuni lungometraggi distribuiti quasi esclusivamente in patria, vedrà per la prima volta anche le sale cinematografiche italiane. Merito, probabilmente, della presenza di grandi star internazionali come Vincent Cassel, Eva Green e Louis Garrel che, prestandosi per una produzione francese dal budget relativamente elevato, potranno sicuramente alimentare il successo della pellicola.

Con un’impronta da blockbuster hollywoodiano, il film risulta essere un progetto particolarmente ambizioso per l’Europa, e in particolare per la Francia. Patria del cinema d’autore per eccellenza (con nomi quali Godard, Truffaut, Chabrol, Rivette e Rohmer) e lontana dagli standard di produzioni prettamente commerciali, con I tre moschettieri – D’Artagnan si cerca di riportare al centro dell’attenzione il cinema di genere (di cui sempre in Europa, e soprattutto noi italiani, ne siamo stati maestri fino agli anni ’80), come quello epico e storico, per conferire azione e avventura ad un classico della letteratura francese e internazionale.

Al di là del fatto che si tratta dell’ adattamento di un romanzo storico, il film riesce ad intrattenere molto bene lo spettatore: nonostante il periodo in questione risulti essere sicuramente centrale per alcune delle dinamiche che si instaurano tra i personaggi, il contesto politico-sociale non viene approfondito mai più di tanto e le vicende che si trova ad affrontare il protagonista sono sempre avvincenti e piene di pathos, concedendo intrattenimento e scorrevolezza alla pellicola. È soprattutto nelle scene d’azione che acquista valore gran parte del film. Già a partire dalla sequenza d’apertura, in cui viene assalita la carrozza della contessa con il successivo intervento di D’Artagnan, si notano sicuramente la cura e il “mestiere” nelle coreografie di combattimento, nell’utilizzo del piano sequenza e nel montaggio.

Per nulla pretenzioso, con un ritmo incalzante ed un finale sospeso, I tre moschettieri – D’Artagnan conduce lo spettatore in un periodo storico in cui l’onore, il tradimento e l’avidità si pongono al centro della narrazione, facendo essi da fulcro centrale e a cui si vedono ruotare attorno tutti i personaggi della storia. In attesa della seconda parte, ossia I tre moschettieri – Milady (in uscita a dicembre 2023) e proprio a proposito di questo personaggio, restate seduti in sala qualche secondo di più anche dopo i titoli di coda.

I tre moschettieri – D’Artagnan è al cinema dal 6 aprile.

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