Elemental, la recensione: una storia d’immigrazione e troppo altro

Elemental la recensione del film di Peter Sohn targato Disney Pixar

L’andazzo oramai dei colossi dell’animazione è chiaro a tutti: viaggiare su binari già percorsi, fondare storie su strutture già riconoscibili in opere precedenti ed evitare, ad ogni costo, qualsiasi tipo di rischio. Ed Elemental (trailer), nuovissimo prodotto di casa Disney Pixar, risponde proprio a questo criterio. 

Ricalcando un po’ la strada già battuta da Zootropolis, ossia quella di fondare un’intera narrazione sulla costruzione di una coloratissima metropoli abitata non da persone ma da altro, Elemental racconta la storia di una città in cui le differenze devono, più o meno forzatamente, convivere e lo fa, pur scontrandosi molto col sapore di “minestra riscaldata”, portando sullo schermo un argomento attualissimo, ossia l’immigrazione e il razzismo. Elemental però riesce a toccare corde più profonde di quanto non faccia Zootropolis per il semplice fatto di anteporre il racconto migratorio al racconto favolistico. 

Entrambi i film infatti trattano più o meno dello stesso tema ma se in Zootropolis abbiamo una storia puramente di animali – prede e predatori intenti a stabilire una pacifica coesistenza – che riesce, tra le altre cose, a far passare il messaggio che la convivenza delle differenze è possibile, in Elemental questo criterio è rovesciato. Quella che in Zootropolis era la morale di fondo, in Elemental diventa la storia portante e finiamo con l’avere in primo luogo una storia d’immigrazione e convivenza con il “diverso” e solo in secondo luogo il racconto di una città popolata da elementi. Un’arma a doppio taglio che se da una parte dà uno smacco al film più anziano per maggiore facilità ad empatizzare, dall’altra non contribuisce a fare di se stessa un’opera unica nel suo genere, come invece era accaduto con Zootropolis. Una storia d’immigrazione in fondo può essere raccontata in un milione d’altri modi, la storia di un complotto che punta alla supremazia delle prede in una città popolata d’animali invece no.

Elemental rimane comunque un ottimo e commovente racconto grazie soprattutto all’alta componente autoreferenziale del regista Peter Sohn, egli stesso figlio di immigrati coreani, che in tutta la storia di Ember Lumen (Valentina Romani), figlia d’immigrati della terra del fuoco, mette così tanto della sua esperienza, dal negozio di alimentari nel Bronx – in Elemental rappresentato da Il focolare – fino alle ultime parole della nonna in punto di morte, da divertire ed insieme emozionare. Ember però non solo è una ragazza di seconda generazione che fatica a trovare il suo spazio ad Element City, dove l’unico posto per lei sembra essere il proprio quartiere e il negozio di famiglia, ma è anche una ragazza che lotta con il senso di dovere nei confronti dei propri genitori e il senso di colpa di desiderare per sé un futuro diverso da quello che loro hanno pianificato e finisce allo stesso tempo per innamorarsi addirittura di un acquatico, Wade Ripple (Stefano De Martino). Una relazione, quella tra Ember e Wade, che già in partenza sembra impossibile. L’effetto accozzaglia è a questo punto inevitabile e tutto il racconto dell’esperienza dei figli di seconda generazione rischia di essere perso di vista nel marasma di altri discorsi che Elemental porta in auge.

Elemental la recensione del film di Peter Sohn targato Disney Pixar

Tanta carne al fuoco dunque: una storia d’amore alla Romeo e Giulietta a cui si tenta di porre allo stesso livello tutto un discorso relativo all’inconscio, alla paura di ascoltarsi e alle aspettative genitoriali, finendo così per perdere il focus e non dedicare a nulla la giusta attenzione. In Elemental d’altro canto di elementi superflui ce ne sono veramente tanti. Pretesti, potremmo dire, che distolgono l’attenzione e sono utili solo a far passare un determinato messaggio in un determinato momento non contribuendo poi al procedere della storia. L’episodio del fiore di vivisteria ne è un esempio.

Molto di ciò che accade nel film – eventi oltretutto puramente determinati dal caso vista l’assenza di un’effettiva struttura forte – dà la sensazione di essere il frutto di un insieme di elementi che non trovano un vero e proprio spazio. La trama procede in modo forzato e spesso anche la sospensione dell’incredulità traballa un po’. La natura dei personaggi fa sì che questi abbiano la flessibilità necessaria a tirare fuori il giusto potere al momento giusto con un tempismo a volte difficile da accettare e l’attenzione dello spettatore, che dovrebbe essere catturata dall’altissimo livello dell’animazione, dai colori vibranti, dalla dolcezza e profondità dei personaggi, finisce con l’essere costantemente distolta da un milione di passi falsi disseminati lungo tutto il film. Passi falsi che contribuiscono a fare di Elemental l’ennesimo prodotto che aveva le potenzialità del capolavoro ma nell’effettivo non lo è.

Elemental sarà in sala dal 21 giugno.

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