Corro da te, la recensione: la nuova commedia senza –ismi di Riccardo Milani

Dopo il sequel di Come un gatto in tangenziale, Riccardo Milani torna alla regia con Corro da te, una commedia che affronta il tema della disabilità senza cadere nel buonismo, nel pietismo e nel vittimismo, quegli “-ismi” che troppo spesso si tendono a seguire quando si parla di un tema come questo. Per centrare il suo obiettivo si serve del personaggio di Gianni, un cinquantenne affetto dalla sindrome di Peter Pan e anche da quella del Dongiovanni, interpretato da Pierfrancesco Favino che rappresenta quel tipo di uomo che parla delle donne come se fossero pezzi da collezione da mettere sullo scaffale. Pur di conquistarle farebbe di tutto, anche fingersi disabile o, per usare un suo termine abituale, “handicappato”. È in queste circostanze che conosce Chiara, una giovane violinista interpretata da Miriam Leone, che con la disabilità ci convive davvero a causa di un incidente stradale.

Tra i due inizia una frequentazione: per Gianni, perlomeno inizialmente, la ragazza rappresenta l’ennesima preda da conquistare, per Chiara quello che sta vivendo è semplicemente un’occasione per sentirsi amata, per sentirsi “intera”. È inevitabile non provare per Gianni un sentimento di ribrezzo, una ferma condanna che però si trasforma gradualmente in un’attenta riflessione sulle azioni di questo goffo personaggio capace di strappare anche una risata anche se amara.

Corro da te recensione film Riccardo Milani

Quel riso amaro che fa riflettere su quanto sia forte il bisogno di lavorare sull’habitus culturale italiano ancora in difficoltà nell’affrontare la disabilità. Gli occhi di Chiara sono evidentemente coperti da uno strato di dolore e sofferenza, ma il suo cuore e il suo spirito hanno voglia di prendere a morsi la vita innamorandosi, ballando, giocando in maniera impeccabile a tennis, comprando tante scarpe per il piacere di indossarle. Quelle stesse scarpe che invece Gianni vende perché si consumino a furia di camminare e correre.

Correre o scappare? È questo l’interrogativo che divora Gianni quando si accorge di vivere un rapporto davvero speciale. Scappare dalle responsabilità di affrontare una relazione stabile e di affrontare una relazione con una donna molto più forte di lui che, improvvisamente, si rende conto di aver fallito come figlio, come fratello, come uomo, come imprenditore. Tutto è ribaltato: è Gianni il vero disabile della storia, quello che non è più abile a guardarsi dentro, a vivere senza fingere, senza inventarsi vite diverse che durano un giorno al posto di vivere la sua affrontando i suoi difetti ma apprezzando anche i suoi pregi.

Un viaggio dentro di sé che riesce a compiere sia grazie ad Alessia (Pilar Fogliati), la sorella di Chiara e alla loro nonna interpretata da Piera Degli Esposti ma anche aiutato dalla preziosa presenza della sua segretaria (Vanessa Scalera) e del suo migliore amico (Pietro Sermonti), due perfette voci della coscienza che alla fine hanno fatto sì che il “miracolo” si compisse. Un miracolo che dovrebbe illuminare anche noi, tanti Gianni pieni di paure, stretti in insormontabili barriere architettoniche senza le quali saremmo pronti a scoprire la nostra unicità e a correrci incontro.

Il film è nei cinema dal 17 marzo.

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