Back to Black, la recensione del biopic su Amy Winehouse

back to black, la recensione del film

Il 2006 fu l’anno di Back to Black, l’album di Amy Winehouse che portava un po’ d’aria fresca in un panorama di Spice Girls e Britney Spears. Alla plasticità e alla moda glamour di quel periodo si contrapponeva una giovane e sconosciuta ragazza londinese, che cantava nei pub di Camden Town tra birra e sigarette. Un’acconciatura fuori moda, delle sonorità jazz e un’anima vera, queste erano le caratteristiche della futura icona musicale dalla voce unica e dal fascino invidiabile.

In piena crisi d’idee, la macchina mangia soldi più famosa del pianeta (anche conosciuta come “Industria Hollywoodiana”) non punta alla creazione di nuove storie, ma alla riproduzione di vicende reali. Così nascono i biopic, film che narrano le vite sconosciute di artisti molto famosi, con una buona dose di revisionismo ed effetto nostalgia. Non i prodotti più originali del mondo e, talvolta, neanche quelli più profondi. Spesso pellicole del genere ricadono nella pantomima, nella volgare imitazione macchiettistica di personaggi realmente esistiti, con l’estremizzazione non voluta di tratti caratteriali e fisici. Anche in questo caso ci sono delle eccezioni alla regola, film che per svariati motivi sono stati più convincenti della dentiera di Rami Malek in Bohemian Rhapsody, come nel caso di Elvis di Baz Luhrman o Rocketman di Dexter Fletcher. Ora è il turno di Back to Black (trailer), il biopic dedicato ad Amy Winehouse e diretto da Sam Taylor-Johnson.

Back to Black è la tragica storia di una cantante arrivata all’apice del successo e annullata da esso, risucchiata in un vortice di dipendenze e violenza che la condurrà alla morte all’età di soli 27 anni. Tra droga e relazioni tossiche, la storia di Amy Winehouse è ben nota, soprattutto per come questa riuscisse a trasporre la sua vita all’interno dei propri brani. Un progetto sicuramente ambizioso, con tematiche delicate che meritavano una narrazione migliore di quella ricevuta. Affidare una storia del genere a chi, in passato, ha diretto pellicole del calibro di 50 sfumature di grigio non è stata una scelta particolarmente felice.

Come il film appena citato, anche questo soffre di una messa in scena poco ispirata, con intere sequenze che somigliano più ad un videoclip che ad un biopic. La regista non mostra mai appieno la violenza, la crudezza che una storia del genere poteva avere, limitandosi a tramutare il tutto in una favola tragicamente romantica e, purtroppo, priva di mordente.

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Ciò che davvero lascia perplessi è come si sia potuta scrivere una sceneggiatura del genere senza prendere le giuste posizioni verso la storia narrata. Tutto è raccontato in maniera piatta, senza mai eccedere nella rappresentazione di un personaggio. Così facendo, lo storico fidanzato della cantante, Blake (Jack OConnell), non è più colui che l’ha condotta verso l’oblio, incatenandola ad una relazione tossica e violenta che la porterà alla morte, anzi. Il personaggio è rappresentato come un uomo leggermente opportunista, che vive alla giornata, ma mai davvero violento o possessivo.

Stesso discorso per il padre di Amy, che più che apparire come una sanguisuga affamata di denaro, è un simpatico uomo di mezza età che vuole bene a sua figlia in maniera incondizionata, al punto tale dal non invogliarla a seguire un percorso di riabilitazione. Non dimentichiamo anche la nonna di Amy, con la quale era legata tanto da ricevere un timescreen di 5 minuti e un’intera scena in cui le acconcia i capelli. Ma se i personaggi che ruotano attorno alla protagonista sono raccontati in maniera mediocre, forse Amy è anche peggio.

L’interpretazione di Marisa Abela nei panni della protagonista è decisamente altalenante. Se l’attrice riesce a riprodurre la voce della cantante in maniera davvero notevole, lo stesso non si può dire delle movenze, che risultano spesso esagerate. Alla prova dell’interprete principale manca la cosa più importante: l’anima, la mancata trasposizione della sensibilità di quella ragazza, che traspariva da quell’involucro eccentrico. Back to Black si riduce a questo, mostrare minuti interminabili di concerti ed esibizioni, dimenticando quasi del tutto di approfondire la storia di un’artista divorata da chi diceva di amarla.

Al cinema dal 18 Aprile.

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