Elvis, la recensione: l’omaggio al Re del Rock

Elvis recensione film Baz Luhrmann

Baz Luhrmann non ha certo bisogno di un’ulteriore conferma per essere decretato come il re del connubio tra film e musica. Moulin Rouge, un grande cult intramontabile. Romeo + Giulietta e Il grande Gatsby, due instant classic dalla colonna sonora indimenticabile. The Get Down, una perla nascosta dell’immenso catalogo Netflix, narra le vicende dell’hip-hop newyorkese nella maniera dinamica e a tratti frenetica che contraddistingue il suo inimitabile stile.

E ora, a 45 anni dalla sua dipartita, Baz Luhrmann si sfida con l’impresa di raccontare la vita movimentata di un altro re, il Re del Rock Elvis Presley. Tutti ne conosco la leggenda, molti ne conoscono la storia, pochi ne conoscono i dettagli. Qual è allora il modo migliore di raccontare una storia così popolare? L’approccio da biopic classico hollywoodiano non funziona più – o forse non ha mai funzionato. Ci vuole freschezza, ingegno e soprattutto ritmo; ed è proprio questo che Elvis (trailer) mette in gioco. Montaggio sfiancante, cambi di inquadrature ogni secondo e mezzo, split screen fumettistici e zoom improvvisi che vanno a enfatizzare ogni emozione imprevista dei primi fan che venivano inondati dai fianchi instancabili dal gusto proibito.

La narrazione dei fatti è affidata al Colonnello Tom Parker (Tom Hanks), il manager di Elvis (Austin Butler), croce e delizia della carriera e della vita privata del suo cliente, l’imbonitore perfetto. E se l’imbonitore perfetto riesce ad abbindolare milioni di persone come un prestigiatore ad una festa per bambini, non può certo smettere sul più bello. Un ultimo trucco per nascondere le sue colpe nella morte del cantante più celebre e amato di tutti i tempi: convincere il pubblico di oggi. Tra il rapporto con B.B. King (Kelvin Harrison Jr.), la storia romantica con Priscilla (Olivia DeJonge), la censura e la chiamata nell’esercito scorrono i 159 minuti complessivi con la percezione di averne visti 10. Un mix tra un video musicale ed un B-movie nella forma, un complesso Jenga di emozioni pronto a crollare nella sostanza. La colonna sonora certo è un mattoncino importante – come poteva non esserlo?. Can’t Help Falling In Love con mille variazioni sul tema ci accompagna nel viaggio tenendoci per mano, un Virgilio musicale capace di colpire nei momenti adatti il cuore di chi, di quella canzone, ne ha fatto un inno quotidiano all’amore e alla vita.

Elvis recensione film Baz Luhrmann


Se il film regge davvero lo scoglio della durata però è sicuramente anche grazie alle splendide interpretazioni dei protagonisti. Austin Butler è Elvis e lo fa rivivere in tutto: la voce profonda, i modi di fare, ma soprattutto le movenze e i passi di danza mai macchiettistici o scadenti. Nella sua semplicità di giovane ragazzo cresciuto nei quartieri poveri di Memphis riesce comunque a sprigionare quell’erotismo proibito e androgino. Nei suoi ultimi giorni riesce a costruire il declino fisico e mentale di una star sfinita che non può smettere di amare quello che ha sempre fatto: cantare. Poi viene Tom Hanks che nei panni del Colonnello tira fuori dal suo ruolino di abilità una capacità di rappresentazione cinica insospettabile, a cui lo spettatore memore dei suoi più grandi successi – si pensi a Forrest Gump o Cast Away – non era preparato. L’attore modifica la voce e il suo aspetto, un diavolo mascherato, a tratti spaventoso per quanto subdolo riesce ad essere.

La leggenda del Re del Rock è inevitabilmente immortale, il suo talento unico e le sue performance sono incise nel monte Rushmore della cultura popolare americana. Un film sulla sua vita non era necessario di certo per tenere acceso il ricordo di Elvis, ma è qui che risiede il segreto del successo. Come sostenevano Kant prima e Pessoa poi, è solo nell’inutile che è possibile trovare la bellezza.

In sala dal 22 Giugno.

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