Alma Har’el è stata insignita del primo premio al Tribeca Film Festival del 2011 per il suo documentario di esordio Bombay Beach (trailer). Il successo del suo primo lungometraggio ha accademicamente offuscato il suo prolifico lavoro nel mondo dello spot pubblicitario e del videoclip rendendo l’opera in soli nove anni materia di insegnamento al Sensory Ethnography Lab ed al Film Center di Harvard. Il suo secondo documentario LoveTrue (trailer) si è spinto verso una ridefinizione del concetto stesso di documentario contemporaneo riprendendo temi e sperimentazione della nouvelle vague europea e del realismo iraniano attraverso un processo estetico unico e suggestivo che deriva dalla videoarte ed il videoclip. Nel 2016 la prestigiosa IndieWire ha inserito il nome di Alma Har’el fra le dodici donne filmaker pronte per realizzare dei blockbuster a Hollywood.
L’incontro fra Alma Har’el e Shia LaBeouf era avvenuto con la produzione di LoveTrue in cui l’attore americano ha svolto il ruolo di produttore e si è brillantemente consolidato con il lungometraggio di finzione Honey Boy, scritto dallo stesso LaBeouf e basato sulla vita del suo vero padre. quello che accomuna la promettente regista israeliana e la star di Hollywood è l’attenzione per l’infanzia, per la famiglia nelle sue declinazioni più tormentate e l’amore per la sperimentazione visiva. Guardando tanto Bombay Beach quanto LoveTrue percepiamo che l’interesse di Har’el è più verso la contestualizzazione sociologica ambientale che la struttura drammatica canonica.
Sono ragazzi, figli di un’America senza più identità, che vagano per le discariche e le spiagge abbandonate dal sogno infranto, che stimolano di più la regista. I corpi femminili (veri documentati o interpretati) sono creature ai margini della società, sirene che illuminano il desiderio dei maschi ma che non riescono a trovare l’uscita dalla loro prigione sociale ed etnografica; sono madri, compagne, amanti, prostitute che esplodono del loro amore come del loro dolore senza che questo produca mai conseguenze definitive o liberatorie, restano congelate nella loro funzione sociale. I maschi sono bambini sofferenti, rabbiosi, incontenibili che urlano al mondo il loro dolore e cercano una definizione identitaria e conciliante. Alma Har’el racconta i figli della nuova America che lottano fra le ombre fallite delle madri e dei padri e la ricerca di una vita autonoma che sappia distruggere le barriere della solitudine e dell’incomunicabilità del nuovo millennio.