#FEFF25: A Guilty Conscience, recensione del film di Jack Ng

A Guily Conscience recensione del film di Jack Ng Dasscinemag

La popolazione di Hong Kong attualmente è di circa 7 milioni di persone, il film A Guilty Conscience (trailer) di Jack Ng solo nell’isola ha incassato circa 11 milioni di euro, già questa è una ragione sufficiente per motivare la scelta di segnalare e recensire questo piccolo dramma processuale che ha superato ogni record diventando uno dei più grandi successi di Hong Kong di questi ultimi anni. Ma cosa ha spinto il popolo di Hong Kong nelle sale, dopo la pandemia e durante le tante restrizioni di sicurezza, in una fase di terribili difficoltà e fortissima censura al cinema? Probabilmente la voglia di giustizia, un grido di giustizia di cui il film, senza affrontare mai il tema politico locale, si è in qualche modo fatto portavoce.

La storia è semplice e somiglia a tante serie tv occidentali che vediamo da anni: un coraggioso avvocato decide di affrontare il sistema giuridico per difendere una donna accusata ingiustamente di avere ucciso la sua stessa bambina, figlia di un rapporto extraconiugale con un potente e facoltoso borghese in grado di corrompere e manipolare il sistema statale. La storia segue tutte le fasi del processo, le indagini e gli intrighi, alternando momenti in tribunale con forti sequenze emotive negli uffici degli avvocati o nelle case degli imputati, ma l’elemento più importante è la lotta del’avvocato (ex magistrato) contro un sistema corrotto e ottuso che usa la burocrazia per insabbiare e l’autorità per reprimere la ricerca della verità e della giustizia, una produzione a budget ridotto che funziona contando su un format sicuro e classico ma che trova una marcia in più nella situazione sociale di Hong Kong a cui sembra davvero offrire una valvola di sfogo per lo spettatore dell’isola.

Lo spettatore non può che stare dalla parte dell’accusata, ritrovarsi nel suo dolore e fare il tifo per l’avvocato più sgangherato di Hong Kong che spinto dalla sua passione ed il suo senso di giustizia non guarda in faccia nessuno e combatte per il trionfo della verità. Si potrebbe perfino ragionare su alcune sfumature, come l’uso improprio di video girati di nascosto che documentano le ingiustizie e vengono pertanto bloccati dal sistema giuridico formale ai fini del processo, una cosa che in effetti ricorda molti video girati dai manifestanti per l’indipendenza di Hong Kong durante le proteste e le cariche della polizia, che hanno esplicitamente mostrato la violenza paramilitare verso gli studenti ma non sono considerati come prove valide durante i processi.

Sostanzialmente il film non affronta in alcun modo la situazione politica di Hong Kong ed i potenti che violano la legge indisturbati sono ricchi capitalisti con il vezzo di usare la lingua inglese invece del mandarino o del cantonese. Non ci sono riferimenti a Pechino e non ci sono elementi che possano essere ricondotti dallo sguardo di una commissione di censura cinese alle tematiche proibite che, per inciso, ora come ora riguardano anche le posizioni critiche verso Pechino, eppure guardando il film e conoscendo la storia attuale di Hong Kong ci si sente subito connessi, si sentono analogie impossibili ma geniali e si finisce per sostenere la battaglia dell’avvocato più improbabile del cinema cinese.

Jack Ng è alla sua opera prima con vent’anni di attività come sceneggiatore, il suo lavoro è stato prevalentemente rivolto al cinema di azione o di arti marziali e solo di recente si è spostato verso generi differenti lavorando al kolossal mélo sulla vita della diva Anita Mui, il famoso film Anita di Lok Man Leung divenuto anche una fortunata miniserie per Disney+. Il film è una sorpresa positiva per il cinema di Hong Kong, che sembrava destinato a morire sotto le nuove restrizioni governative cinesi, ma è ancora presto per parlare di rinascita o di new wave dell’industria locale. Il ritorno in sala dei cittadini è il primo segnale di reazione creativa e prodotti così vicini al sentire del territorio sono sicuramente un punto incoraggiante per tutti coloro che ad Hong Kong reclamano giustizia ed equità, insomma citando i grandi slogan a favore dell’isola: Hong Kong stay alive!

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