99 Lune, la recensione: amare ad intermittenza

99 Lune, la recensione del film

«Non puoi scegliere di chi innamorarti, né puoi scegliere chi trovare sessualmente attraente. L’amore è pieno di segreti e di conflitti che mi affascinano come cineasta.»
In 99 Lune (trailer), film di produzione svizzera presentato lo scorso anno all’ACID del 75° Festival di Cannes, Jan Gassmann indaga l’amore, lo decostruisce, lo de-convenzionalizza penetrando fino al nocciolo, e poi lo ricompone gettandolo in un contesto disfunzionale (l’incompatibilità degli amanti) per osservarne l’evoluzione (o l’immobilità).

Ma esiste un contesto funzionale all’amore? C’è davvero differenza tra un amore duraturo, continuo e uno che si compie ad intermittenza, latente prima e deflagrante poi sotto la supremazia dell’eros? Bigna (Valentina Di Pace) e Frank (Dominik Fellmann) sono diversi, inizialmente opposti nel loro modo ci concedersi e concepire il piacere: controllato per la ricercatrice, edonistico per l’hipster, non-appassionato per lei, spassionato per lui. Bigna studia un modo per prevenire i terremoti, le catastrofi naturali, anticiparli affinché non prendano alla sprovvista, non sfuggano al controllo. È il dominio di un Super-io rigoroso, un impulso apollineo che rifugge il caos. Frank è, nelle intenzioni di Bigna, uno dei suoi sfoghi sistematici, regolarizzati e imbrigliati in regole e pattern. Ma il ragazzo si rivela, in realtà, l’imprevisto, il caos, una catastrofe ammessa ed accettata non senza riserve, una scossa tellurica che abbatte l’edificio equilibrato e ordinatore: gli sfollati sono i sentimenti.

In una scena simbolica satura di rosso la connessione si manifesta. È un rosso estremo, vivido e violento, è l’acme di una forza passionale, carnale, senza sfumature, mai tenue e delicata. Jan Gassmann esplora il sesso nelle sue componenti più trasgressive, questionando i limiti di ciò che è “normale”, sfidando la soglia dell’accettabilità sociale. Bigna e Frank sperimentano l’abbandono alle pulsioni (di vita e di morte, eros e thanatos), saggiano il sadomasochismo, la triolagnia (ancora masochistica e autoinflitta), scardinano l’eteronormatività, coltivano un rape fantasy che in qualche occasione sbotta in qualcosa di pericolosamente reale.
Ma c’è dell’altro dietro quest’erotismo spinto? Qualcosa che possa essere assimilato all’amore, che possa guadagnarsene l’etichetta?

99 Lune, la recensione del film

Tornando al quesito iniziale e alle parole di Gassmann, non si fa fatica a trovare una risposta: Bigna e Frank si amano. Ma il loro è un amore conflittuale, insieme gratificante e nocivo, velenoso, spesso perso e sempre ritrovato, atemporale come il “vero amore” della narrazione romantica, amorale come il peggior nemico dell’amore conformista. È, insomma, un sentimento paradossalmente duraturo, nonostante sfoci ciclicamente nell’abbandono, perpetuo forse proprio perché ripetutamente interrotto nel modo più brusco possibile. Bigna e Frank vivono e sono disallineati, ma per qualche motivo rappresentano reciprocamente il proprio punto fermo, al di là della futilità, in barba alla fragilità, covatori di un legame voluto ma mai evoluto, non delimitato ma limitato, statico per quanto istintivo, sempre uguale a sé stesso e incastonato in contesti e situazioni che cambiano e lo ridefiniscono, rendendolo incosciente, maniacale, adulterino, assoluto.

A rendere interessante le interazioni amorose dei protagonisti è proprio la scelta di Gassmann di coprire una porzione temporale considerevole delle vite dei due (le 99 lune del titolo a scandire gli anni che passano) per enfatizzare proprio quell’immutabilità del sentimento a cui si è già fatto riferimento, e indicare l’impotenza dei fattori esterni, l’inefficacia di vincoli spaziali e relazionali, persino di responsabilità familiari e genitoriali.99 Lune ha l’andamento episodico di un amore cadenzato che replica quei fenomeni sismici che la scienziata cerca di anticipare. Bigna costituisce, in realtà, insieme a Frank, l’epicentro di un terremoto dalla frequenza irregolare, un sisma di scosse violente e puntuali che sembra non aver modo di placarsi. Intriga anche la regia intimista di Gassmann, ricca di primi e primissimi piani, imprecisa e nebulosa a tratti, con la macchina da presa che spesso esita e scruta, sbircia quando Bigna e Frank si approssimano, fissa e si insinua quando i due esplodono, indugia sui corpi, sulla fisicità di Valentina Di Pace e Dominik Fellmann (poco espressivi ma in ogni momento autentici).

È un film con un’idea precisa 99 Lune, forse in parte privo di quella carica aggressiva e trasgressiva che il regista avrebbe voluto infondergli, di sicuro più classico di quanto voglia far credere, perché pur con l’intenzione di trovare un’alternativa e sovvertire la narrazione romantica convenzionale, tentenna quando si tratta di osare, e lo fa perché, in fin dei conti, vuole essere delicato sotto l’apparenza dirompente, sotto la maschera violenta (come quella che indossano gli uomini che incontra Bigna, la maschera che ricorda quella da incubo, che la violenza simboleggia, di Jason Voorhes) vuole essere ancora, con i conflitti e i segreti di cui parla Gassmann, la storia di un amore.

99 Lune sarà in sala dal 29 giugno.

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