Yannick – La Rivincita dello Spettatore, la recensione: il diritto di criticare

Yannick recensione

A chi non è mai capitato di assistere ad uno spettacolo o ad un film talmente brutto da aver voglia di interrompere tutto ed esprimere esplicitamente il proprio malcontento? Probabilmente la ragione prevarrebbe su questo tipo di impulso e ci limiteremmo ad uscire prima della sua fine o a criticarlo successivamente, ma se invece fossimo i protagonisti di un film di Quentin Dupieux le cose andrebbero in modo diverso.

Presentato in anteprima al 76° Festival di Locarno, Yannick – La Rivincita dello Spettatore (trailer) è l’ultima fatica del prolifico regista francese che mette in scena proprio la situazione descritta in apertura. Siamo in un teatro di Parigi, sul palcoscenico ci sono tre attori intenti a recitare una commedia di dubbio gusto di fronte a una platea semideserta e, probabilmente, anche annoiata. Improvvisamente uno spettatore si alza e interrompe lo spettacolo, esternando il suo disprezzo per la pièce. È Yannick (Raphaël Quenard), guardiano notturno che, da semplice spettatore, diventa adesso protagonista, ribadendo la sua frustrazione nell’assistere ad uno spettacolo che lo avrebbe dovuto divertire, ma che in realtà sta solo contribuendo a farlo sentire peggio di prima. Tra discussioni ed insulti, però, ben presto la situazione degenera e Yannick tira fuori una pistola, determinato a riscrivere l’opera.

In appena un’ora, Dupieux ci regala un ottimo film, forse meno bizzarro dei suoi precedenti (basti pensare che uscirà in questo stesso anno il surreale Daaaaaalì!, presentato all’80° Festival di Venezia), ma non privo di quei toni eccentrici che lo contraddistinguono da sempre. Il regista rivolge questa volta l’attenzione sulla figura dello spettatore, riflettendo come molto spesso questa venga data per scontata, senza che le sue aspettative risultino effettivamente accolte. Quando si è al cinema o a teatro il tacito accordo tra chi racconta la storia e chi decide di ascoltarla dovrebbe essere rispettato, tuttavia questo non sempre accade. Ed è così che assistiamo alle lamentele del povero Yannick, costretto a subire una commedia poco coinvolgente che non lo ripaga della sua difficile quotidianità.

Yannick recensione

Come sempre, l’attenzione è un concetto strettamente legato al potere, nel caso di Yannick – La Rivincita dello Spettatore, in particolare, tra il pubblico e gli interpreti che se lo contendono in continuazione per tutta la durata del film. Ma un rovesciamento di potere, tuttavia, non è automaticamente sinonimo di libertà: non appena la pistola finisce nelle mani dell’attore Paul Rivière (Pio Marmaï), infatti, la sua figura di vittima si trasforma immediatamente in quella di carnefice. Ritorna quindi il tema precedente, quello del mancato rispetto del patto con il pubblico, dell’arroganza di chi pensa di fare arte e non ritiene all’altezza chi guarda. Il protagonista, pur incarnando la figura dell’uomo medio che va a teatro per dimenticare le preoccupazioni quotidiane, rivendica il suo diritto ad essere preso in considerazione, non solo perché ha pagato un biglietto, ma anche perché ha deciso di fidarsi e dedicare il suo tempo libero a quell’attività. E se nel fare ciò si ritrova gli occhi degli altri spettatori addosso, che lo guardano dall’alto in basso giudicando il suo essere senza filtri, poco gli importa, perché nel suo linguaggio sguaiato e sconveniente si nasconde una grande verità.

Dupieux condensa, dunque, una grande riflessione sul ruolo dell’arte e sui diritti del pubblico in poco più di un’ora, nascondendola sotto un’apparente commedia dal ritmo agile. Girato in soli sei giorni con un cast limitato ma di grande talento (fra cui bisogna menzionare anche Blanche Gardin), il regista francese, che si è anche occupato della stesura della sceneggiatura, ci regala ancora una volta una satira intelligente coperta da quella vena di follia che caratterizza le sue storie, per una visione che risulta decisamente piacevole.

Al cinema dal 18 gennaio.

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